martedì 29 novembre 2011

Rarovideo restaura Il conformista di Bertolucci

IL CAPOLAVORO DI BERTOLUCCI DA DOMANI IN VENDITA!!!

Il Conformista
Dal 30 novembre in versione dvd e bluray in tutte le Fnac, Feltrinelli, e in tutte le librerie di distribuzione RaroVideo.
Acquistabile anche sulla piattaforma Itunes.


Marcello Clerici vive col peso segreto di aver ucciso, all’età di 11 anni, un pedofilo che voleva abusare di lui. Due decenni dopo, nel 1938, Marcello approfitta del suo viaggio di nozze a Parigi con Giulia per coprire una delicata missione per conto della polizia politica fascista. Il vero scopo del viaggio è infatti contattare ed eliminare il suo ex insegnante di filosofia, il prof. Quadri, un noto dissidente rifugiatosi in Francia. Appena sistemato in albergo, Marcello riesce a farsi invitare a casa del professore insieme a Giulia, alla quale Anna, la moglie di Quadri, si offre subito di fare da guida nella capitale. Marcello rimane folgorato dalla bellezza di Anna, proponendole addirittura di fuggire con lui in Brasile. Non ci mette molto però a capire che invece Anna si è invaghita di Giulia. Tra i mille tormenti che assalgono Marcello durante il viaggio in auto che lo porta al luogo scelto per l’agguato teso a Quadri, diventa inevitabile eliminare anche Anna, che all’ultimo momento ha voluto accompagnare il marito. Anni dopo, la sera del 25 luglio 1943, alla caduta del fascismo, l’incontro fortuito di Marcello con l’uomo che credeva di aver ferito a morte da bambino segnerà per lui l’ora della resa dei conti.

Cast and credits
1970, Italia-Francia-Germania, 108’, colore
regia e sceneggiatura: Bernardo Bertolucci
soggetto: dal romanzo omonimo di Alberto Moravia (1951)
fotografia: Vittorio Storaro
art director: Ferdinando Scarfiotti
costumi: Gitt Magrini
musica: Georges Delerue
montaggio: Franco [Kim] Arcalli
produzione: Maurizio Lodi-Fè per Mars Film
organizzatore generale: Aldo U. Passalacqua
produttore esecutivo: Giovanni Bertolucci
cast: Jean-Louis Trintignant, Stefania Sandrelli, Dominique Sanda, Gastone Moschin,
Pierre Clementi, Enzo Tarascio, José Quaglio, Fosco Giachetti, Yvonne Sanson, Milly,
Christian Alégny, Marilyn Goldin, Christian Bélègue


L’opera di restauro di RaroVideo
Il lungometraggio, tratto dal romanzo omonimo di Alberto Moravia, che consacra il regista a talento internazionale, valendogli il Premio British Film Institute di Londra nel 1971, il Grand Prix dell’Union des Critiques de Cinéma a Bruxelles sempre nel 1971, ma soprattutto la nomination agli Oscar nel 1972 per la miglior sceneggiatura non originale, è presentato oggi in una versione totalmente restaurata in digitale dal negativo 35 mm originale audio e video, dal gruppo editoriale Minerva Pictures-RaroVideo in collaborazione con la cineteca di Bologna.
L’opera di restauro, effettuata dal laboratorio L’immagine ritrovata, restituisce alla pellicola un’immagine compatta e nitida, un suono pulito e sincero; grazie al restauro in HD, sottoposto alla supervisione del maestro Bertolucci in persona, in anteprima mondiale la RaroVideo edita il bluray dell’opera.

Fonte: Rarovideo

Martine Mystere - Almanacco del Mistero - apprezza il mio libro


Maurizio Colombo ne "L'Almanacco del Mistero 2012" - supplemento Bonelli a Martine Mystere - apprezza la mia "Storia del Cinema Horror Italiano - vol. 1 - Il Gotico"

domenica 27 novembre 2011

Il cuore grande delle ragazze (2011)

di Pupi Avati


Regia: Pupi Avati. Soggetto e Sceneggiatura: Pupi Avati. Produttore: Antonio Avati. Fotografia: Pasquale Rachini. Musica. Lucio Dalla. Scenografia: Giuliano Pannuti. Costumi: Catia Dottori. Montaggio: Amedeo Salfa. Interpreti: Cesare Cremonini, Micaela Ramazzotti, Gianni Cavina, Andrea Roncato, Erika Blanc, Manuela Morabito, Gisella Sofio, Marcello Caroli, Sara Pastore, Massimo Bonetti, Sydne Rome, Rita Carlini, Patrizio Pelizzi. Voce narrante: Alessandro Haber.

Pupi Avati

La voce narrante di Alessandro Haber e la colonna sonora suadente di un ispirato Lucio Dalla ci accompagnano nei meandri di una storia intensa e delicata che profuma di tempi passati e di biancospino, per citare la dote non comune del protagonista. Pupi Avati racconta una vicenda di vita quotidiana ambientata nella provincia italiana nel periodo fascista, ispirata come sempre ai ricordi d’infanzia. Il mondo piccolo di Avati si apre all’esterno e produce grandi storie girate con stile inimitabile che restano nell’immaginario collettivo.

Cesare Cremonini

Carlino Vigetti è il figlio di un mezzadro molto fortunato con le donne, non può far passare un giorno senza fare l’amore, e in paese gli resiste solo la fidanzata di un cugino del duce per ovvi motivi di convenienza. Un giorno accetta di sposare una delle due figlie del padrone che non sono mai state corteggiate da un uomo e non sono del tutto normali, in cambio di una moto Guzzi e di un contratto di affitto decennale per il padre. Purtroppo il progetto va a monte per l’arrivo della bella Francesca Osti, figlia della seconda moglie del padrone, che fa perdere la testa al ragazzo.

Erika Blanc

Carlino e Francesca si sposano, nonostante l’opposizione del padrone che voleva sistemare una delle figlie subnormali, perché la ragazza forza la mano con un tentativo di suicidio. I guai sono soltanto all’inizio. In un primo tempo si deve rimandare il matrimonio per una tonsillite del parroco e la festa di nozze diventa un’occasione di rissa tra le due famiglie; subito dopo il padre di Carlino muore per un attacco di cuore provocato dal grande dolore. Alla fine Carlino sposa Francesca, ma il vizio di andare a donne non passa, perché tradisce la moglie in albergo durante la prima notte di nozze, proprio con la fidanzata del cugino del duce.

Sydne Rome

Francesca fugge in Puglia da una zia, si fa scrivere e desiderare dal marito, ma è sempre innamorata e se non torna a casa è soltanto per orgoglio. Carlino riesce a farla rientrare con lo stratagemma di un telegramma dove comunica la sua morte per impiccagione. Tutto finisce bene, comunque, davanti a un siepe di biancospino, simbolo di tanti ricordi, metafora del ritorno della primavera e luogo riparato dal silenzio dove i ragazzi fanno l’amore.

Micaela Ramazzotti

Il cuore grande delle ragazze è una storia semplice e delicata, raccontata con lo stile leggero tipico del cinema di Pupi Avati. Una fotografia flou e anticata, costumi ineccepibili, grande ricostruzione storica, scenografie suggestive della campagna marchigiana e del litorale romano, pennellate da artista tra dissolvenze e trovate grottesche. I personaggi sono costruiti molto bene e vanno a comporre un vero Amarcord felliniano, ognuno con la sua stranezza che lo rende simpatico, unico e non riproducibile.

Gianni Cavina

Bravi gli attori. Andrea Roncato è alle prese con il suo primo vero film in carriera e dimostra di essere un ottimo attore tra le mani di un grande regista. La scena in cui il padre di Carlino muore è grande cinema e Roncato se la cava egregiamente dando prova di doti melodrammatiche. Gianni Cavina è il burbero padrone vessato da una madre arcigna (Sofio) e da una moglie incontenibile (Morabito) che lo rimprovera in continuazione.

Andrea Roncato

Stefano Cremonini e Micaela Ramazzotti sono i protagonisti impeccabili e danno vita a due personaggi per niente stereotipati e molto credibili. Erika Blanc e Sydne Rome tornano con prepotenza alla ribalta in due ruoli importanti che permettono di mostrare la classe del passato. Pupi Avati scrive, sceneggia e dirige un film che riconcilia con il cinema italiano dopo tante commedie pretenziose e pellicole così poco cinematografiche tanto osannate dalla critica. Da tempo non sbaglia un film e pare aver ritrovato un’ispirazione potente che gli permette di girare al ritmo di una pellicola all’anno. Per fortuna che esiste ancora…


Gordiano Lupi

Buon compleanno Laura Antonelli!

L’interprete di Malizia compie 70 anni


Io e Laura Antonelli purtroppo abbiamo in comune una cosa sola: la data di nascita. Siamo entrambi nati il 28 novembre, segno zodiacale irrequieto da insoddisfatti giramondo del sagittario, solo che lei è del 1941 e io del 1960. Diciannove anni di differenza che mi hanno permesso di eleggerla a simbolo della mia adolescenza irrequieta, sconvolta da un film come Malizia e dalle calze autoreggenti sfoggiate dall’alto di una scala. Laura Antonelli è istriana di Pola ma si diploma al liceo di Napoli, si laurea all’ISEF e diventa insegnante di educazione fisica. Debutta in televisione nella popolare trasmissione pubblicitaria “Carosello” e nel 1966 anche nel cinema con il Franco & Ciccio movie Le spie vengono dal semifreddo di Mario Bava, parodia spionistica nella quale recita pure Vincent Price nei panni del terribile dottor Goldfoot. Siamo in piena guerra fredda e il dottor Goldfoot vuole provocare una guerra tra Usa e Urss uccidendo generali per mezzo dei suoi robot dalle sembianze femminili (bomb girls). L’attore - cantante Fabian Forte è un agente segreto che si fa aiutare dai maldestri Franco e Ciccio, due portieri che vogliono diventare spie. Bava fa la parte di un angelo e gira una parodia di 007 con pochi mezzi  e molta inventiva.


Per una giovanissima Laura Antonelli è il debutto assoluto, pure se nello stesso anno risulta nel cast de Le sedicenni di Luigi Petrini e di Scusi, lei è favorevole o contrario? di e con Alberto Sordi (alla seconda regia). Nel 1969 partecipa a La rivoluzione sessuale di Riccardo Ghione, film del filone contestatario scritto e sceneggiato da un esordiente Dario Argento. Un professore di filosofia (Ruggero Miti) convince sette donne e altrettanti uomini a  vivere esperienze di continuo scambio di partner. Il film è tratto dal libro del sessuologo Wilhelm Reich ed è solo un blando erotico mascherato da velate parvenze sociologiche. Nel 1969 recita nel noir Un detective di Romolo Guerrieri accanto ad altre bellezze come Florinda Boljkan, Delia Boccardo, Susanna Martinkova (una specie di sosia di Patty Pravo) e Silvia Dionisio. Nei ruoli maschili ci sono Franco Nero e Adolfo Celi  che recitano molto bene in un film elegante. L’arcangelo di Giorgio Capitani e il tv movie Gradiva di Giorgio Albertazzi sono ancora interpretazioni del 1969 che per la bella attrice istriana si chiude con una parte da protagonista in Venere in pelliccia di Massimo Dallamano.

Laura Antonelli in Venere in pelliccia di Dallamano

La pellicola si trova citata anche come Le malizie di Venere o Venere nuda ed è tratta dal romanzo La venere in pelliccia di Leopold von Sacher-Masoch. Laura Antonelli è Wanda de Dunaieff e sfoggia una mise insolita a base di capelli biondi, frusta in mano e sexy bikini di stoffa che mostra il mostrabile. Laura Antonelli è una ninfomane che porta al delitto un vecchio e ricchissimo  spasimante. Si tratta di un film erotico che fece andare in bestia la censura del tempo al punto di sequestrare pure i manifesti. L’unico problema è che il vero film girato nel 1969 e uscito in Germania come Venus in Pelz da noi non è mai arrivato perché l’ha bloccato la censura. Ci dobbiamo contentare di un’edizione tagliatissima del 1973 editata prima come Venere nuda e poi come Le malizie di Venere. Il film uscì in Italia sei anni dopo per sfruttare l’onda del successo strabiliante di Malizia, il capostipite di una serie di formidabili “peccati in famiglia”. Le malizie di Venere è stato pubblicato da Nocturno Cinema in una preziosa serie di VHS che vi consigliamo di acquistare in blocco (se ancora le trovate). Massimo Dallamano si firma Max Dillmann, si avvale delle ottime musiche dei fratelli Riverberi e costruisce un film  torbido al punto giusto. La trama si sviluppa secondo la tecnica del flashback ed è Xavier (Rex Duval), l’innamorato tradito e umiliato, che ricorda la sua relazione con Wanda. Ottima l’interpretazione di Laura Antronelli che in questo film dimostra tutte le sue attitudini di nascente diva sexy. Sledge di Giorgio Gentili e John Sturges (1970) è un film di poca importanza nella carriera di Laura Antonelli.


Incontro d’amore a Bali di Ugo Liberatore e Paolo Heusch (1970) merita qualche parola di commento perché  unisce l’apparizione di una sconosciuta e bellissima Antonelli a quella di Ilona Staller al debutto assoluto, quando ancora si chiamava Elena Mercuri e usava il cognome del primo marito. Il film è citato da Nanni Moretti in Io sono un autarchico (1976), quando il regista si dichiara innamorato di Laura Antonelli che segue da sempre. Recitano accanto alla Antonelli, John Steiner, Umberto Orsini, Petra Pauly ed Ettore Manni. Il film è un drammone esotico pretenzioso che ruota attorno ala passione di Steiner per la Antonelli (Daria) che lui circuisce pure se è sposata con il suo migliore amico (Orsini). Finirà tutto in tragedia ed è dura anche per lo spettatore arrivare alla fine pure se la scenografia è molto suggestiva. Il film è di Liberatore ma siccome quando uscì non se lo filò nessuno venne acquistato da Alfredo Bini che lo rimontò con scene girate da Paolo Heusch con Ilona Staller. In pratica di uno steso pessimo film abbiamo in circolazione ben  due versioni, ma la seconda incassò più di un miliardo solo per la presenza di Ilona Staller.  Oggi è diventato un cult per i fan di Laura Antonelli. 


Il merlo maschio di Pasquale Festa Campanile (1970) è il film che lancia Laura Antonelli come sex simbol in un Buzzanca movie che deve molto al suo seno generoso e alle gambe lunghissime di sensuale trentenne. Il merlo maschio è uno dei migliori film di Pasquale Festa Campanile ed è tratto dal racconto Il complesso di Loth di Luciano Bianciardi. La musica di Riz Ortolani conferisce un tono ancora superiore a un film ambientato nel mondo della musica. Il film gode della presenza di ottimi attori quali Gianrico Tedeschi (il direttore di orchestra) e Lino Toffolo (l’amico violoncellista) che coadiuvano molto bene Lando Buzzanca. Fa sorridere pensare che il regista avrebbe voluto Marina Vlady nella parte della protagonista, visto che l’interpretazione spontanea e per niente imbarazzata di una nudissima Laura Antonelli è uno dei motivi del grande successo della pellicola. 

Una scena voyeuristica de Il merlo maschio

Laura Antonelli partecipa a due film francesi, Gli sposi dell’anno  secondo di Jean Paul Rappeneau (1971), una commedia di cappa e spada  e Trappola per un lupo (1972) di Claude Chabrol, una storia a tinte gialle sulla vita in provincia e le sue miserie. I due film vedono protagonista Jean Paul Belmondo che Laura conosce sul set e poi finisce con l’innamorarsi dando il via a una lunga relazione. 

La sequenza onirica di All'onorevole piacciono le donne

Laura Antonelli torna accanto a Buzzanca nel film All’onorevole piacciono le donne di Lucio Fulci (1972), una satira graffiante e riuscita dell’Italia democristiana che presenta un’interessante parte onirica e alcune sequenze erotiche molto piccanti. Il film viene sequestrato e tagliato dalla censura a causa della somiglianza tra il personaggio di Buzzanca e il ministro Colombo. Si prendeva in giro un potente politico democristiano e soprattutto lo si faceva ricorrendo al sesso e alla trasgressione, cosa che al tempo dava molto fastidio. Noi ricordiamo soprattutto una sexy Antonelli vestita da suora, l’albero dei culi femminili e l’onorevole De Puppis che in sogno tasta sederi a più non posso. C’erano anche altre bellezze femminili pena in questo film che la televisione passa spesso a notte fonda (tagliato): Agostina Belli, Eva Czemerys e Anita Strindberg. 

Una sequenza simbolo di Malizia

L’anno fondamentale della carriera di Laura Antonelli è però il 1973 che segna l’exploit di Malizia per la regia di Salvatore Samperi. La nostra attrice è Angela, una bella e giovane cameriera che finisce a servizio di una famiglia composta da un ricco vedovo siciliano (Turi Ferro) e tre figli maschi. Tutti la spiano e la corteggiano e lei diventa una presenza fondamentale nella casa, contesa dagli uomini che ci vivono. La malizia del film sta proprio nel fatto che la donna è consapevole di queste attenzioni maschili che provoca esibendosi in conturbanti spogliarelli. Alla fine la cameriera sposerà il vecchio riccone ma si concederà la notte prima delle nozze al figlio quattordicenne (lo sfortunato Alessandro Momo che morirà giovanissimo). Il film è il capostipite di tutte le malizie all’italiana che verranno ed è il primo di una lunga serie di sexy commedie a base di docce nude, reggicalze ammiccanti e voyeurismo spicciolo. Se proprio si vuole essere precisi il primo film su tale argomento è Grazie zia di Salvatore Samperi (1968) con Lisa Gastoni, ma questa pellicola è decisamente più studiata e vuole affrontare aspetti più sociologici. Con Malizia per la prima volta si vedono scene di adolescenti che spiano dal buco della chiave e il film è davvero un capolavoro di erotismo soffuso e malizioso. Laura Antonelli è l’interprete ideale di una pellicola fondamentale nel genere che la lancia improvvisamente verso il successo. Il film incassa molto (cinque miliardi e mezzo), fa grande scalpore e inaugura il sottogenere dei peccati in famiglia che fa proliferare una serie infinita di nipoti, adolescenti, cameriere e servette in calore che se la fanno con vecchi ricconi e mettono in crisi adolescenti inquieti. La Antonelli che sale sulla scala per spolverare e mostra le splendide gambe fasciate da calze nere con la riga e tenute ferme dalla giarrettiera, rimane un simbolo dell’erotismo anni Settanta, raccontato al cinema da femmine seducenti e maschi inevitabilmente voyeur. Ma pure l’immagine di lei seduta sul letto che si sfila le calze nere è un’altra sequenza sensuale che a distanza di anni mantiene la sua carica erotica. Per finire ricordiamo Alessandro Momo armato di torcia che insegue Laura Antonelli illuminandone seno e cosce in una frenetica caccia a scopo sessuale.  Malizia è un film che contiene tutto il gusto del peccato e una forte carica di sensualità morbosa, però non scade mai nel cattivo gusto e la sua forza sta proprio in quel vedere-non vedere che Samperi mette sulla scena con grande bravura. Laura Antonelli che si abbandona al voyeurismo di tutti gli uomini della casa è l’attrice che si lascia spiare da tutto il pubblico in sala, la donna dei nostri sogni che osserviamo sicuri di non essere visti.  


Il grande successo ottenuto con Malizia fa sì che la Antonelli viene notata dal grande Dino Risi che la dirige magistralmente in Sessomatto (1973), film composto di nove episodi che la vede protagonista insieme al bravo Giancarlo Giannini. La pellicola registra anche la presenza di attori del calibro di Duilio Del Prete, Paola Borboni e Alberto Lionello e offre alla bella attrice l’opportunità di dimostrare ancora una volta la sua bravura. Sessomatto è un piccolo capolavoro di erotismo malizioso dove Laura Antonelli si guadagna la palma di icona erotica di un’intera generazione. Negli episodi vediamo un cameriere che sveglia la padrona scopandola, due amanti povero che sfornano figli in continuazione, un avvocato gerontofilo, uno sposo che fa l’amore solo in ascensore, una prostituta truccata da moglie, una suora che incoraggia un donatore di sperma, una siciliana che si vendica del marito, un travestito innamorato e una coppia che si eccita esibendosi. Gli episodi risultano molto rapidi e resta l’impressione che certe situazioni si sarebbero potute approfondire meglio, ma Laura Antonelli si ricorda come una presenza fantastica soprattutto nei panni della sexy suora vestita di bianco e della padrona che ama farsi scopare dal suo servitore. Laura Antonelli stava calandosi poco a poco nel difficile ruolo di simbolo erotico e negli anni Settanta non c’era italiano che non ne parlasse come donna ideale.  

Laura Antonelli ai tempi di Malizia

Salvatore Samperi, un antesignano del cinema erotico all’italiana, la vuole ancora con sé per ricostruire l’accoppiata vincente di Malizia con Alessandro Momo. Il film è Peccato veniale (1974) ed è un altro successo senza precedenti, pure se risulta più debole di Malizia. Il cast è di tutto rispetto e prevede attori come Monica Guerritore, Lino Banfi, Orazio Orlando, Lino Toffolo, Lilla Brignone e Tino Carraro. Il film è ambientato a Forte dei Marmi nell’estate del 1956 e parla di un sedicenne che viene iniziato al sesso da una provocante cognatina. Pure questo genere di situazione verrà riprodotta in numerosi film a venire che prenderanno pari pari l’idea originale di Samperi adattandola a situazioni diverse. Si pensi a cose come La cognatina di Sergio Bergonzoni del 1975 con Karin Well, ma l’elenco sarebbe interminabile. Laura Antonelli è la prima attrice del cinema erotico italiano e la sua immagine di donna bellissima e provocante resta indelebile nell’immaginario collettivo proprio per merito di questi due film di Samperi. Peccato veniale è meno riuscito e mette sulla scena situazioni già viste nel film precedente, però risulta sempre un prodotto di livello medio alto, di sicuro superiore ai film che lo imiteranno. In questo film fa il suo debutto come attrice erotica anche Monica Guerritore che sarà destinata negli anni Ottanta ad alcune pellicole softcore. Laura Antonelli è comunque tutt’altra cosa. Il successo di Malizia e di Peccato veniale fa uscire finalmente dall’oblio il vecchio film Venere nuda di Dallamano che viene distribuito (tagliato) con il titolo Le malizie di Venere, proprio per sfruttare l’analogia con il titolo del film campione di incassi.


Laura Antonelli è all’apice del successo. La chiamano per fare di tutto e la sua presenza in un cast basta da sola a garantire il successo della pellicola. Il pubblico paga per vederla, per ammirare il suo corpo nudo e i suoi sguardi maliziosi e provocanti. Simona di Patrick Longchamps (1974) è un altro film erotico che la vede recitare molto disinibita accanto a Raf Vallone. Il film è ambientato in una località di mare e racconta la storia della perversa Simona (Laura Antoneli) che diventa l’amante di un diciottenne (Maurizio Degli Esposti). La storia è tratta da un romanzo di Georges Bataille (“Storia dell’occhio”) e racconta di perversioni e incesti, amori di gruppo e follie erotiche varie che la Antonelli interpreta con malizia e senza inibizioni. In questo film la sua immagine è caratterizzata  da un misto di forte sensualità e candida innocenza, che è poi la cifra artistica che la contraddistingue da altre interpreti. 

Una sequenza bollente con Michele Placido nel film di Luigi Comencini

Tra il 1974 e il 1976 Laura Antonelli viene diretta da tre grandi registi come Luigi Comencini, Giuseppe Patroni Griffi e Luchino Visconti con interpretazioni  che la decretano attrice di grande livello. I contesti dei tre film sono dannunziani e decadenti: Mio Dio come sono caduta in basso di Luigi Comencini (1974), Divina creatura di Giuseppe Patroni Griffi (1975) e L’innocente di Luchino Visconti (1976). Mio Dio come sono caduta in basso fu un grande successo si prende gioco della sessuofobia meridionale e dell’estetismo decadente della borghesia. Laura Antonelli si mostra spesso senza veli e lo fa accanto ad attori come Alberto Lionello, Michele Placido e Ugo Pagliai. Tra le presenze femminili ci sono pure Karin Schubert, Rosemarie Dexter e Jean Rochefort. Laura Antonelli è una donna borghese che per errore sposa il fratello, tace lo scandalo, offre la sua verginità all’autista e sogna di avere un figlio da D’Annunzio.

La scena che tutti ricordiamio di Divina creatura

Divina creatura la vede accanto a Terence Stamp, Marcello Mastroianni, Michele Placido e Duilio Del Prete. Il film è un grande successo ma è piuttosto noioso e l’unica scena che davvero si ricorda è quella di Laura Antonelli distesa su un divano completamente nuda che mostra il suo corpo (davvero divino) al pubblico estasiato. Il film è un po’ troppo pretenzioso e non è una pellicola adatta a Laura Antonelli che deve dare spessore a un tipo di donna oggetto piuttosto difficile da identificare. L’innocente è l’ultimo film di Visconti tratto dall’omonimo romanzo di Gabriele D’Annunzio e annovera nel cast Giancarlo Giannini, Marc Porel, Massimo Girotti e Jennifer O’ Neil. L’innocente gode di un’ottima ricostruzione d’epoca, toccando i temi dell’aborto e della condizione della donna nell’Ottocento. Giancarlo Giannini è un eccellente protagonista di una storia torbida che lo vede marito di Laura Antonelli e amante di un’altrettanto brava Jennifer O’ Neil. Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Gabriele D’Annunzio e risente dell’impostazione da drammone ottocentesco, però ancora oggi si vede con piacere. La scena finale che la ritrae in tutta la disperazione di madre privata del figlio e del ricordo di un amore perduto è davvero buona. Il film è un lavoro in costume ad alto budget e Laura Antonelli fornisce una discreta prova da attrice drammatica sotto la direzione di uno dei più grandi registi italiani del Novecento.


Laura Antonelli torna a ruoli erotico-maliziosi che le sono più consoni. Alla fine degli anni Settanta il panorama del cinema comico-erotico vede un fiorire di insegnanti, dottoresse, infermiere, assistenti sociali e chi più ne ha più ne metta. Laura Antonelli interpreta molti ruoli della commedia sexy e ne risulta un’icona fondamentale, ma non sarà una delle tante comparse. Non vedremo mai Laura Antonelli nella parte di una liceale, di un’insegnante o di un’infermiera, lei darà sempre una sua interpretazione personale ai ruoli proposti. Tra l’altro i suoi film classificabili come commedie erotiche risultano molto castigati.

Una scena erotica da Mogliemante

Mogliamante di Marco Vicario (1977) vede Laura Antonelli nei panni di una donna che pratica il libero amore nel Veneto di inizio secolo in una commedia di costume interpretata con Marcello Mastroianni. Gran bollito di Mauro Bolognini (1977) è una commedia con un gran cast di attori come Mario Scaccia, Alberto Lionello, Max von Sydow, Renato Pozzetto, Milan Vukotic, Shelley Winters e Mario Scaccia.  Si tratta di una favola nera ispirata alla vicenda reale della saponificatrice di Correggio che metteva a bollire le persone nella soda caustica. Letti selvaggi di Luigi Zampa (1979) è la classica commedia a episodi che vede Laura Antonelli impegnata per Un pomeriggio noiosetto con lei che spara a un presunto corteggiatore ma prima si fa vedere nuda e per La donna d’affari che la presenta invaghita di un direttore d’orchestra. Il malato immaginario (1979) di Tonino Cervi vede la Antonelli accanto al grande Alberto Sordi per una rivisitazione non troppo riuscita, in chiave erotico - romanesca della commedia di Moliere. Mi faccio la barca di Sergio Corbucci (1980) presenta la Antonelli a fianco di Johnny Dorelli, un dentista che per riconquistare la ex moglie si compra la barca.


Un puro film erotico - malizioso con Laura Antonelli lo dirige ancora Salvatore Samperi: Casta e pura (1981) che annovera alcuni attori interessanti come Massimo Ranieri, Fernando Rey, Enzo Cannavale e Christian De Sica. Casta e pura cerca di ricreare le atmosfere erotiche di Malizia pur inserendole in un contesto diverso. Laura Antonelli è la bella e ingenua Rosa che davanti alla madre morente fa voto di non sposarsi per accudire il padre sinché vivrà. Le parti erotiche mostrano una Laura Antonelli al massimo della forma, che con la sua carica di ingenuità maliziosa si lascia andare a striptease calati tra il sogno e la realtà. Samperi ci sa fare con l’erotismo e indugia a lungo sui particolari delle gambe, sulle calze, sulle giarrettiere, a un certo punto inserisce pure il trucco del flash fotografico che mette in primo piano le bellezze dell’attrice.


Viuuulentemente… mia di Carlo Vanzina (1982) va riscoperto perché è uno dei migliori film del periodo terrunciello di Diego Abatantuono. Laura Antonelli è una ricca finanziera che il poliziotto Abatantuono deve arrestare e portare in Italia, ma la trama conta poco perché il film si regge sulle battute di Abatantuono e sulle grazie della Antonelli. Porca vacca di Pasquale Festa Campanile (1982) è ambientato nella Prima Guerra Mondiale ed è un film da dimenticare, con la Antonelli che fa la parte di una contadina. Sesso e volentieri di Dino Risi (1982) è ancora un film a episodi, non certo tra  i migliori di Dino Risi. 


La gabbia di Giuseppe Patroni Griffi (1985) è un film scritto da Francesco Barilli e sceneggiato da Alberto Silvestri e Lucio Fulci che poi ne realizzerà una sua versione da regista ne Il miele del diavolo (1986) con Corinne Clery. Si tratta di un insolito thriller erotico, quasi un pezzo unico nei film interpretati da Laura Antonelli che recita una parte morbosa e viene ripresa in molte scene audaci. Si tratta di un buon soft d’autore che però ha il limite di risultare poco incisivo e molto frenato proprio nei frangenti che dovrebbe spingere sull’acceleratore. Tony Musante è l’interprete maschile e tra le donne ci sono anche Florinda Bolkan, Cristina Marsillach, Bianca Marsillach e Laura Troschel. 


Grandi magazzini di Castellano e Pipolo (1986) è ancora peggio e fa parte di una nuova tipologia di film che volevano far sorridere senza dar fastidio a nessuno. Tanti attori come Montesano, Pozzetto, Manfredi, Villaggio, Banfi, Boldi, Ciavarro. Molte belle donne come Muti, Parisi, Grandi e Antonelli. Il risultato è pessimo, una serie di sketch a incastro ambientati in un grande magazzino che sa di lunga barzelletta senza molto senso. Il film è povero di idee e procede stancamente. Laura Antonelli fa una breve apparizione senza veli, ma niente di eccezionale. Rimini Rimini di Sergio Corbucci (1986) è più divertente, anche se certe commedie ormai sono alla frutta e la televisione è alle porte. Laura Antonelli è una vedova da consolare e il suo episodio si inserisce in una serie di storie ambientate al mare che vedono protagonisti femminili come Eleonora Brigliadori, Serena Grandi e Sylva Koscina. Villaggio, Calà, Micheli e Roncato provano a far ridere ma non sempre ci riescono.

Laura Antonelli in Rimini Rimini

La Venexiana di Mauro Bolognini (1986) è una commedia ambientata nella Venezia del Settecento che mostra con generosità la Antonelli senza veli. Pure Monica Guerritore si dà da fare e dimostra le sue ambizioni nel campo del cinema erotico. La preda contesa è il bel Jason Connery che finisce prima nel letto della vedova matura (Antonelli), poi in quello della giovane dama (Guerritore). Più erotico che commedia e in ogni caso un film da rivedere soprattutto per ammirare la bellezza delle due attrici.

Una sequenza hot de La venexiana

Roba da ricchi di Sergio Corbucci (1987) presenta un cast con Serena Grandi, Renato Pozzetto, Paolo Villaggio, Lino Banfi Claudia Gerini e Laura Antonelli. L’avaro di Tonino Cervi (1990) è un altro adattamento erotico di Molière con Alberto Sordi nei panni di un Arpagone romanesco che fa il tenutario di un bordello e presta i soldi al Papa. Ci sono anche Anna Kanakis, Miguel Bosè, Christopher Lee e Marie Laforet. Degni di nota soltanto i costumi, ma il film è pessimo. 

Laura Antonelli in Roba da ricchi

Laura Antonelli purtroppo gira l’inutile Malizia 2000 di Salvatore Samperi (1991), che non solo non ripete il successo del film simbolo ma soprattutto ne segna l’amara e definitiva uscita di scena, causata dalle conseguenze di inadatte cure cosmetiche. Laura Antonelli viene sottoposta a una serie di iniezioni di siero antirughe per renderla attraente e giovanile, adatta al ruolo sexy che la sceneggiatura imponeva. Purtroppo le iniezioni le deturpano il volto, la faccia gonfia mostruosamente, le foto del disastro fisico fanno il giro del mondo e contribuiscono al flop della pellicola. Laura Antonelli chiede tre miliardi di danni alla produzione che non si prende nessuna responsabilità. Triste uscita di scena per un’attrice simbolo del cinema erotico italiano che si congeda dal suo pubblico con un film da dimenticare. Accanto a lei ci sono Turi Ferro, Roberto Alpi, Luca Ceccarelli e Barbara Scoppa. Laura Antonelli è ancora Angela, adesso ex cameriera, moglie trascurata e sfiorita di Turi Ferro, che si riaccende di passione per il giovane figlio di un archeologo. Il film è davvero brutto, mal recitato e per niente erotico, costellato di pessimi e improbabili dialoghi, di situazioni grottesche che ne fanno un’icona del trash. Peccato. 


Il famigerato siero antirughe produce il disastro fisico e tutto questo conduce Laura Antonelli a crisi mistiche e a tristi vicende giudiziarie. Il 27 aprile 1991 viene arrestata nella sua casa, a Cerveteri. La polizia trova 36 grammi di cocaina. Da allora per la Antonelli comincia il calvario, viene isolata dal mondo dello spettacolo e abbandonata dai falsi amici, vive sola, distrutta nel fisico e nell’anima. Il 17 marzo del 2000, dopo ben nove anni, la Corte di Appello di Roma assolve Laura Antonelli perché il fatto non costituisce reato. Recentemente la giustizia italiana pone rimedio al misfatto e le riconosce un danno d’immagine causato dal processo. Tutto questo comporterà un risarcimento di diecimila euro che non restituiscono la serenità perduta a una donna segnata nel fisico e nel morale.


In tempi recenti l’ex ministro Sandro Bondi ha messo in moto la procedura parlamentare per riconoscere gli effetti della Legge Bacchelli a favore dell’attrice caduta in disgrazia. Lino Banfi e altri colleghi si sono mobilitati per risolvere la sua precaria situazione economica, ma lei ha detto che vuole soltanto essere dimenticata e che la vita terrena non le interessa più. Per chi l’ha ammirata al cinema nel pieno del suo fulgore tutto questo non interessa. Laura Antonelli resterà in eterno la cameriera di Malizia che sale con sensualità sopra una scala galeotta. Noi restiamo in basso e attendiamo di vedere le calze nere e la giarrettiera provocante. Non si può distruggere un mito.  


FILMOGRAFIA DI LAURA ANTONELLI

Le spie vengono dal semifreddo di Mario Bava (1966)
Le sedicenni di Luigi Petrini (1966)
Scusi, lei è favorevole o contrario? di Alberto Sordi (1966)
La rivoluzione sessuale di Riccardo Ghione (1969)
Un detective di Romolo Guerrieri (1969)
L’arcangelo di Giorgio Capitani (1969)
Gradiva di Gioirgi Albertazzi (Film tv) (1969)
Venere in pelliccia o Venere nuda di Massimo Dallamano (1969) (mai uscito in Italia)Sledge di Giorgio Gentili e John Sturges (1970)


Incontro d’amore a Bali di Ugo Liberatore e Paolo Heusch (197)
Il merlo maschio di Pasquale Festa Campanile (1970)
Gli sposi dell’anno secondo di Jean Paul Rappeneau (1971)
Trappola per un lupo (1972) di Claude Chabrol
All’onorevole piacciono le donne di Lucio Fulci (1972)
Malizia per la regia di Salvatore Samperi (1973)


Sessomatto di Dino Risi (1973)
Peccato veniale di Salvatore Samperi (1974)
Le malizie di Venere di Massimo Dallamano (1974) (rielaborazione tagliata di Venere nuda)
Simona di Patrick Longchamps (1974)
Mio Dio come sono caduta in basso di Luigi Comencini (1974)


Divina creatura di Giuseppe Patroni Griffi (1975)
L’innocente di Luchino Visconti (1976)
Mogliamante di Marco Vicario (1977)
Gran bollito di Mauro Bolognini (1977)
Letti selvaggi di Luigi Zampa (1979)

Sexy suora in Sessomatto di Dino Risi

Il malato immaginario di Tonino Cervi (1979)
Mi faccio la barca di Sergio Corbucci (1980)
Casta e pura di Salvatore Samperi (1981)
Viuuulentemente… mia di Carlo Vanzina (1982)
Porca vacca di Pasquale Festa Campanile (1982)

Laura Antonelli giovanissima

Sesso e volentieri di Dino Risi (1982)
La gabbia di Giuseppe Patroni Griffi (1985)
Grandi magazzini di Castellano e Pipolo (1986)
Rimini Rimini di Sergio Corbucci (1986)


La Venexiana di Mauro Bolognini (1986)
Roba da ricchi di Sergio Corbucci (1987)
L’avaro di Tonino Cervi (1990)
Malizia 2000 di Salvatore Samperi (1991)

Una sequenza di Malizia che ha ispirato molte commedie sexy:

Altre scene sexy da Malizia:



Gordiano Lupi

L'articolo integrale è circa il doppio e approfondisce meglio i singoli film. Si può leggere sul mio SEXY MADE IN ITALY - Le regine del cinema erotico degli anni Settanta (Profondo Rosso - Roma, 2007)

venerdì 25 novembre 2011

Breve Storia del Cinema Italiano - 17

Diciassettesima Puntata 
Il nuovo cinema italiano

Non è facile parlare del cinema contemporaneo che ancora non è storicizzato. Si rischia di cadere nel commento di attualità, di farsi condizionare dalla passione del momento, senza la necessaria obiettività che deriva dal sedimentarsi delle emozioni. Proviamo a fare una sintesi sulle nuove produzioni degli ultimi vent’anni. La commedia all’italiana si rinnova con l’opera di autori originali che confezionano pellicole con un taglio riconoscibile.

Pupi Avati al lavoro

Pupi Avati (1938) diventa il cantore della vita di provincia, ricorda il tempo che passa, gira film dolci e malinconici su momenti giovanili, episodi di un mondo piccolo rivissuti con la tecnica del flashback.  Ricordiamo lavori dai toni poetici e crepuscolari come Una gita scolastica (1983), storia d’amore tra un timido professore e una bella insegnante, Noi tre (1984), sugli amori adolescenziali, Festa di laurea (1984), ottimo ritratto generazionale, fino al più cattivo Regalo di Natale (1986). Avati è autore completo che non gira soltanto commedie, alterna vari generi e si ricorda come ottimo regista di horror provinciale ne La casa dalle finestre che ridono (1976), Tutti defunti tranne i morti (1977), Zeder (1983) e Il nascondiglio (2007). Pupi Avati è incontenibile, gira film a un ritmo vertiginoso, ma quasi mai ne sbaglia uno. Pare che con il passare degli anni la sua ispirazione aumenti e la sua voglia di raccontare divenga sempre più forte. Tra i suoi lavori più recenti citiamo: Ma quando arrivano le ragazze? (2005), La seconda notte di nozze (2005), La cena per farli conoscere (2007), Il papà di Giovanna (2008), Gli amici del Bar Margherita (2009), Il figlio più piccolo (2010), Una sconfinata giovinezza (2010), Il cuore grande delle ragazze (2011).

Lina Wertmüller

Tra i registi che rinnovano la commedia va citata Lina Wertmüller (1928) che realizza una serie di pellicole con protagonisti Marcello Giannini e Mariangela Melato che ottengono un buon successo e riescono a criticare vizi e difetti di un’Italia provinciale (Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, 1974). Altri registi di commedie anni Ottanta - Novanta sono Pasquale Festa Campanile (Il ladrone, 1980), Neri Parenti (Le comiche, 1990), Carlo ed Enrico Vanzina (inventori delle serie vacanziere note come Cinepanettone) e Christan De Sica (Il remake del Conte Max, 1982).

Nanni Moretti

La commedia si rinnova soprattutto per merito di alcuni interessanti attori - registi che caratterizzano gli ultimi vent’anni di cinema italiano. Nanni Moretti (1953) è un intellettuale di sinistra difficilmente inquadrabile in un genere, ma il suo cinema personalissimo deriva dalla lezione della grande commedia all’italiana. La sua narrazione è ironica, sarcastica, critica, analizza gli ideali perduti (La messa è finita, 1985), le illusioni del passato (Io sono un autarchico, 1977), la fine di un partito come crisi personale durante una gara di pallanuoto (Palombella rossa, 1989), i problemi della società contemporanea riscoprendo Roma a bordo della sua Vespa (Caro diario, 1994). Nanni Moretti è regista politico che sa dosare sentimento e sarcasmo, fa cinema autobiografico parlando per bocca dell’alter ego Michele Apicella, si pone sulla falsariga di Federico Fellini raccontando il mondo attraverso il suo personale vissuto (Aprile, 1998). Non è facile, ma spesso ci riesce. La stanza del figlio (2001) è un film atipico sulla elaborazione del lutto in una famiglia sconvolta dal dolore per la perdita di un figlio. Il caimano (2006) è cinema politico perché racconta le vicissitudini di un produttore che realizza un film su Silvio Berlusconi, ma sono intense soprattutto le parti intimistiche sulla crisi personale e lavorativa del protagonista. Il caimano è cinema che racconta la storia del cinema e soprattutto la crisi del cinema di genere. Habemus Papam (2011) si ricorda per la mirabile interpretazione di Michel Piccoli nei panni di un papa in crisi di identità, ma non è tra i migliori lavori del regista. Nanni Moretti è anche ottimo attore e in tempi recenti ha lasciato un’interpretazione memorabile in Caos calmo (2008) di Antonello Grimaldi, ma era stato notevole anche ne Il portaborse (1991) di Daniele Luchetti.


Massimo Troisi (1954 - 1994) è un attore autodidatta che comincia dal cabaret con il gruppo La Smorfia, riscuote successo in televisione, passa al cinema e debutta come regista e interprete di Ricomincio da tre (1981), seguito da Scusate il ritardo (1982). Troisi rinnova la commedia napoletana sulla scia di Totò arricchendola di elementi surreali che conquistano il pubblico. Il suo personaggio è quello del giovane timido e impacciato che non sa affrontare la vita, ma buona parte del merito va alla sceneggiatrice Anna Pavignano, autrice di un bel romanzo - biografia su Troisi (Da domani mi alzo tardi, 2007). Massimo Troisi incontra Roberto Benigni nel divertente Non ci resta che piangere (1984), strampalata commedia in costume intrisa di elementi fantastici e surreali. La regia è a quattro mani e la fusione di comicità toscana e napoletana crea una miscela esplosiva di grande presa sul pubblico. Troisi termina la carriera con un paio di storie d’amore surreali come Le vie del signore sono finite (1987) e Pensavo fosse amore invece era un calesse (1991). Muore dopo la fine delle riprese del poetico Il postino di Michael Radford (partecipa alla regia senza comparire), lasciando un’interpretazione stupenda di un postino che entra in confidenza con Pablo Neruda.

Roberto Benigni alla notte degli Oscar

Roberto Benigni (1952) è un comico toscano che si forma nelle cantine romane, passa in televisione, conduce programmi scomodi (Televacca), si produce in interventi dissacranti (L’Altra Domenica) e debutta al cinema come attore nel surreale e volgarissimo Berlinguer ti voglio bene (1977) di Bernando Bertolucci. Il suo esordio alla regia avviene con i tre episodi comici, a tratti dissacranti e provocatori, di Tu mi turbi (1983). La commedia all’italiana subisce una rivisitazione totale nelle mani del comico toscano che inventa un genere nuovo, erede della macchietta e del trasformismo, ma denso di originalità. Il piccolo diavolo (1998) lo vede al fianco di Walter Matthau per un’insolita coppia comica che lo fa conoscere oltre oceano. Benigni prosegue la carriera di regista con le commedie brillanti Johnny Stecchino (1991) e Il mostro (1994), dove ironizza su mafia e serial killer. Il suo capolavoro è La vita è bella (1997), poetica narrazione sulle atrocità dell’olocausto che ottiene il premio della giuria a Cannes e ben tre Oscar (miglior film straniero, miglior attore e musica). Pinocchio (2002) è un passo indietro perché il film non regge il confronto con precedenti adattamenti dell’opera di Collodi, soprattutto con il televisivo di Comencini. La tigre e la neve (2005) è un film sulla necessità della poesia e sull’amore che supera ogni ostacolo, ambientato nella seconda guerra del Golfo per affermare una logica pacifista. Resta l’impressione che per Benigni non sia facile dire qualcosa di nuovo dopo una tappa importante come La vita è bella. Il regista - attore sente la necessità di confrontarsi con grandi temi e di cercare il messaggio trascendente, invece di partire da storie quotidiane che forse sarebbero più nelle sue corde.

Francesco Nuti

Francesco Nuti (1955) è un altro geniale attore toscano che comincia dal teatro insieme ai Giancattivi (Athina Cenci e Alessandro Benvenuti), lavora in televisione e interpreta il primo film sotto la direzione di Alessandro Benvenuti. Ad Ovest di Paperino (1982) è una pellicola dei Giancattivi che contiene in embrione la sua cifra stilistica fatta di comicità surreale. Il cinema di Nuti rinnova la commedia all’italiana ed è pervaso da una comicità agrodolce priva di addentellati realistici. Casablanca Casablanca (1985) è il primo film da regista, sequel di Io Chiara e lo Scuro (1983), diretto da Maurizio Ponzi. Le due pellicole ruotano intorno alla storia d’amore tra un campione di biliardo e una sassofonista (Giuliana De Sio). Il film migliore di Nuti è Tutta colpa del Paradiso, favola romantico - surreale ambientata nel parco del Gran Paradiso e interpretata insieme a un’affascinante Ornella Muti. Francesco Nuti gira anche Stregati (1986) con la bella attrice, ma il film segna l’inizio della parabola discendente di un buon attore comico troppo narcisista per essere un buon regista. Caruso Pascoski di padre polacco (1988) è un nuovo grande successo di pubblico, ma la critica storce la bocca e non ha tutti i torti. Willy Signori e vengo da lontano (1989) è un’altra opera pretenziosa che non si eleva sopra la mediocrità. Donne con le gonne (1991) è un film misogino che accusa le donne di ogni colpa possibile, persino di aver rovinato il rapporto con gli uomini, perché non vogliono più fare le casalinghe. La crisi creativa di Nuti tocca livelli preoccupanti con Occhiopinocchio (1994), Il signor Quindicipalle (1998) e Caruso, zero in condotta (2001). Io amo Andrea (1999) è una piacevole eccezione, purtroppo non confermata, in un quadro di profonda crisi personale e professionale.

La maschera comica di Maurizio Nichetti

Maurizio Nichetti (1948) è un altro innovatore della commedia che proviene dal teatro, un mimo che realizza pellicole intrise di comicità clownesca e surreale.  Ratataplan (1979) è un film muto tutto basato su gag strampalate confezionate per sfruttare un’espressione buffa e ingenua. Nichetti gira e interpreta pellicole che sono cartoon coloratissimi con personaggi umani, veste come un clown, indossa abiti multicolori, ridicoli cappelli, pantaloni larghi e corti. Possiamo dire che come regista di commedie inventa una sorta di realismo fantastico, confermato da Ho fatto splash! (1980) e Ladri di saponette (1982). Nichetti critica la televisione, gli spot pubblicitari che massacrano film e programmi, ma soprattutto ironizza sulle contraddizioni della società contemporanea. Volere volare (1991) è ancora più sperimentale e rappresenta la consacrazione del realismo fantastico, perché è girato per metà utilizzando un cartone animato. Nichetti perfeziona la sua poetica in Stefano quantestorie (1993) e Honolulu baby (2001), confermandosi tra i registi più originali della nuova generazione. La crisi del cinema italiano colpisce anche lui, perché da sette anni non esce un suo film.  Nichetti lavora molto per la televisione, rifugio terminale del nostro cinema di genere.

Paolo Villaggio nei panni di Fantozzi

Paolo Villaggio (1932) è attore importante per aver dato vita ai personaggi di Giandomenico Fracchia e Fantozzi. si identifica con un genere di commedia in gran voga dal 1975 al 1999, anche se non è il regista dei suoi film. Fantozzi - Fracchia è l’uomo comune frustrato nelle sue ambizioni in una società che premia i più forti e non ha pietà per i deboli. I due personaggi sono creazioni originali di Paolo Villaggio che li fa diventare protagonisti di libri e interpretazioni teatrali. Luciano Salce (1922 - 89), interessante regista di commedie sin dai tempi de Il federale (1961) con Ugo Tognazzi, è il regista di Fantozzi (1975) e Il secondo tragico Fantozzi (1976), ma personaggio e situazioni sono concertate direttamente con Villaggio. I primi film su Fantozzi riscuotono un enorme successo, al punto che molte gag del personaggio entrano a far parte della vita quotidiana. La saga di Fantozzi comprende una decina di pellicole (molte dirette da Neri Parenti) e si conclude con il pessimo Fantozzi 2000 - La clonazione (1999) di Domenico Saverni. Paolo Villaggio sa essere anche attore drammatico e lo dimostra nel poetico La voce della luna (1990) di Federico Fellini e in Denti (2000) di Gabriele Salvatores.

Gianni Amelio alla macchina da presa

Gianni Amelio (1945) porta nel nuovo cinema italiano uno stile che qualche critico ha definito neo - neorealista, ma soprattutto elabora trame drammatiche per denunciare il malessere contemporaneo. Il ladro di bambini (1992) è uno dei lavori migliori, un road movie dalla parte dei vinti che fotografa desideri, speranze e paesaggi bruciati dal sole. Lamerica (1994) si cimenta nel ritratto dell’Albania contemporanea per ritrovare le radici dell’Italia di oggi, mentre Colpire al cuore (1983) affronta il tema del terrorismo e degli ani di piombo. Tra le pellicole più recenti citiamo Così ridevano (1988), Leone d’oro a Venezia, racconto agrodolce dell’Italia anni Cinquanta, ma anche Le chiavi di casa (2004), che sceneggia Nati due volte, il bel romanzo di Pontiggia. La stella che non c’è (2006) porta l’occhio indagatore di Amelio a contatto con la società cinese e descrive l’inadeguatezza di un operaio italiano a contatto con un mondo troppo diverso dal suo passato. Dirige il Festival del Cinema di Torino.

Giuseppe Tornatore, Premio Oscar

Giuseppe Tornatore (1956) proviene dal documentario e si afferma con il poetico Nuovo cinema Paradiso (1988), premiato a Cannes come miglior film straniero. Tornatore realizza una piccola storia privata del cinema attraverso i ricordi di un regista di successo che torna nel paesino siciliano dove da bambino si innamora del cinema grazie a un vecchio operatore. Sono interessanti anche i successivi Una pura formalità (1993), thriller claustrofobico, La leggenda del pianista sull’oceano, adattamento cinematografico di Novecento di Baricco e L’uomo delle stelle (1995), pellicola sul cinema del primo dopoguerra. Malena (2000) è un raffinato film erotico ambientato nella Sicilia degli anni Quaranta, che racconta l’amore impossibile di un ragazzino per un’affascinante vedova (Monica Bellucci). La sconosciuta (2006) è un giallo - noir melodrammatico con molti colpi di scena che si avvale delle musiche di Ennio Morricone. Il suo film più importante dopo Nuovo cinema Paradiso è Baarìa (2009), una storia d’Italia in piccolo attraverso tre generazioni. Meno degno di nota L’ultimo gattopardo: ritratto di Goffredo Lombardo (2010).

Gabriele Salvatores all'opera

Gabriele Salvatores (1950) fa del viaggio vissuto come fuga dal modo un tema ricorrente, ma è anche vero che i suoi film raccontano l’amicizia tra uomini e analizzano i sentimenti di un gruppo. I suoi attori (come per Pupi Avati) sono quasi sempre gli stessi, forse per cementare un rapporto consolidato che permette di lavorare meglio. Tra le sue pellicole migliori citiamo Marrakech express (1989), storia di un gruppo di amici che va in Marocco per aiutare un compagno finito in galera, Turné (1990), classico road -  movie, e Mediterraneo (1991), Premio Oscar come miglior film straniero. Mediterraneo è ambientato in un’isola greca durante la Seconda Guerra Mondiale, ma ribadisce il tema degli amici in fuga, approfondendo sentimenti e psicologie del gruppo. Come spesso accade, i film girati dopo l’Oscar sono inferiori ma dignitosi, cose come Puerto Escondido (1992) e Sud (1993). Salvatores tenta di rinnovarsi e di liberarsi dai cliché della commedia generazionale, esperimenta la fantascienza (Nirvana, 997) e cerca di evadere dai temi consueti che hanno caratterizzato il suo cinema (Denti, 2000 e Amnesia, 2002). Io non ho paura (2003) è una delle cose migliori, un capolavoro costruito sulla trama di un modesto romanzo. Salvatores prova anche la strada del noir con Quo vadis baby? (2005), ma pubblico e critica non lo premiano. Come Dio comanda (2008) è un altro noir di scarso successo che racconta il rapporto padre - figlio, tratto da un altro romanzo di Niccolò Ammaniti. Happy family (2010) e 1960 (2010) confermano un periodo di crisi creativa, in attesa di Educazione siberiana (2012).


Marco Risi (1951), figlio di Dino, non può che cominciare con la commedia, anche se non raggiunge le vette del padre. I suoi primi lavori sono Vado a vivere da solo (1982), Un ragazzo e una ragazza (1984) e Colpo di fulmine (1995). Le sue opere più originali sono Mery per sempre (1989) e il sequel Ragazzi fuori (1990), due pellicole di denuncia che raccontano con crudo realismo la vita all’interno di un riformatorio minorile. Risi prosegue su questa strada girando Il muro di gomma (1991), film inchiesta sulla strage di Ustica. Nel continente nero (1992) segna un ritorno alla commedia per raccontare i vizi dell’Italia contemporanea, mentre L’ultimo capodanno (1998) è un fallimentare pulp truculento e Tre mogli (2001), un road - movie al femminile. Maradona - La mano di Dio (2007) segna il punto più basso della carriera di Risi, che si perde in un’ambiziosa quanto inutile ricostruzione della carriera calcistica di Maradona. Il regista ha pure la colpa di far recitare Pietro Taricone. L’ultimo padrino (2008) per la Tv e Fortapàsc (2009) non lasciano il segno.

Paolo Virzì e Micaela Ramazzotti, protagonista de La prima cosa bella

Paolo Virzì nasce nel 1964 a Livorno, città di mare ricca di ironia, la Napoli del Centro Italia, una fetta di meridione capitata per caso vicino a Firenze. Livorno è importante per la formazione culturale di Virzì, per quel che dice, per le storie che si porta dentro e che racconta con delicata maestria. Virzì studia cinema al Centro Sperimentale e si diploma in sceneggiatura con il maestro Furio Scarpelli. Collabora alla sceneggiatura di Tempo di uccidere di Giuliano Montaldo (1989), Turné di Gabriele Salvatores (1990), lo sceneggiato TV Condominio di Felice Farina (1990), Centro storico di Roberto Giannarelli. Esordisce alla regia con La bella vita (1994), dove racconta la vita problematica di Piombino alle prese con la crisi della siderurgia. Il film viene presentato a Venezia e ottiene il Ciak d’Oro come nuova proposta italiana. Non solo: Sabrina Ferilli ottiene il Nastro d’argento come migliore interprete femminile dell’anno. Realizza Ferie d’agosto (1996), che racconta la difficile convivenza sull’isola di Ventotene di due gruppi di turisti italiani in vacanza. Il film si aggiudica il David di Donatello. Nel 1997 è la volta di Ovosodo, scritto da Furio Scarpelli e sceneggiato come sempre da Virzì e da Francesco Bruni. Ovosodo vince il Gran Premio Speciale della Giuria al Festival di Venezia, il Ciak d’oro per la migliore sceneggiatura ed è uno dei titoli italiani di maggior successo della stagione. Ovosodo consacra la grandezza di Paolo Virzì e della sua factory tutta livornese (o quasi) composta da autori e attori semi professionisti ma eccezionali. Nel 1999 gira Baci e abbracci, commedia tragicomica con protagonisti un gruppo di disoccupati che si inventano allevatori di struzzi nelle campagne della Val di Cecina. Nel 2001, dopo vicende difficili legate al fallimento della produzione Cecchi Gori, esce My nime is Tanino, un film fuori dalle corde di Virzì, girato tra la Sicilia e New York. Caterina va in città (2003) traccia con mano delicata pregi e difetti di un’Italia divisa tra una destra di governo, una sinistra indecisa e la povera gente che si sente abbandonata. N-Io e Napoleone (2006) non entusiasma il pubblico ma resta un dignitoso film in costume sceneggiato da un romanzo di Ernesto Ferrero. La trama è soltanto un pretesto per mettere in commedia un’Italia inginocchiata davanti ai potenti e per raccontare il fallimento delle idee giovanili. Tutta la vita davanti (2008) è un nuovo modo di fare commedia all’italiana, raccontando tra ironia e dramma la vita di chi si affanna per sbarcare il lunario ma non ci riesce. Virzì rappresenta l’Italia del lavoro precario, dei call center, di un mondo senza sogni ma pieno di cruda realtà. Il quarto Stato di Pellizza da Volpedo viene rivisto e corretto in un manifesto che rappresenta un proletariato precario in giacca e cravatta. L’uomo che aveva picchiato la testa (2009) è un film documentario girato a Livorno sulla vita e le opere del cantautore Bobo Rondelli, uscito per il mercato Home Video. La prima cosa bella (2010) è il suo capolavoro, una pellicola struggente e commovente che avrebbe meritato il Premio Oscar come miglior film straniero, ma non ce l’ha fatta. Virzì torna a Livorno per raccontare la nostra storia attraverso una famiglia, il tempo che passa, i destini che si incrociano e i tanti fallimenti. Paolo Virzì è il maestro della nuova commedia all’italiana, quella di Furio Scarpelli e di Age, fatta di storie e di personaggi, non certo quella che non fa pensare. I film di Virzì sono ambientati in provincia, vera epopea livornese dei ceti umili, degli sconfitti che lottano senza speranza ma che sanno stemperare le difficoltà in un sorriso liberatore.

Stefania Sandrelli, brava come sempre ne La prima cosa bella

Tra gli altri autori del nuovo cinema italiano meritano una segnalazione Giovanni Veronesi, Sergio Rubini, Michele Placido, Silvio Soldini, Mario Martone, Giuseppe Cino, Francesca Archibugi, Francesca Comencini, Cristina Comencini, Pasquale Pozzerese, Alessandro D’Alatri, Alessandro Di Robilant, Enzo Monteleone, Felice Farina e Carlo Carlei. L’elenco è lacunoso, ma nell’economia del nostro lavoro non abbiamo pretese di completezza.

Gordiano Lupi