martedì 3 aprile 2012

Paycheck - Il cinema di Claudia 11


Regia: John Woo
Soggetto: tratto dal racconto di Philip K. Dick “I labirinti della memoria”
Sceneggiatura: Dean Georgaris
Musica: John Powell, James McKee Smith, John Ashton Thomas
Montaggio: Kevin Stitt, Christopher Rouse
Scenografia: William Sandell
Effetti speciali: Craig Barnett, Al Di Sarro, Tim Walkey
Fotografia: Jeffrey L. Kimball, Larry Blanford
Interpretiti: Ben Affleck, Uma Thurman, Aaron Eckhart, Paul Giamatti,
Genere: Fantascienza/thriller/azione
Produzione: U.S.A. 2003
Durata: 119 minuti


I racconti e i romanzi di Philip K. Dick, uno dei maggiori scrittori di fantascienza, sono stati spesso portati sul grande schermo con successo, ricordiamo infatti “Blade Runner” tratto dal romanzo “Ma gli androidi sognano le pecore elettriche?”, “Minority Report” e molto altri. Anche “Paycheck” è tratto dalla novella “I labirinti della memoria” che Dick scrisse all’inizio degli anni ’50 e pubblicò per la prima volta nel 1953. 
Siamo in un vicino futuro e Michael Jennings (Ben Affleck) è un brillante ingegnere “al contrario”. Smonta pezzo per pezzo i componenti dei computer fabbricati da aziende concorrenti, per capirne i segreti e ricostruirli potenziati e con prestazioni aggiuntive. È molto richiesto e pagato profumatamente, lavora nella massima segretezza, quando accetta un lavoro nel contratto c’è una clausola che lo obbliga a farsi cancellare la memoria a breve termine, quella riguardante il tempo passato alla realizzazione del singolo progetto. Il suo amico Shorty (Paul Giamatti), con una macchina capace di estrarre i ricordi dal cervello, gli brucia i singoli neuroni. Michael viene contattato dalla multinazionale di Rethrick (Aaron Eckhart), un suo amico, per un progetto “top secret” che durerà tre anni, al termine dei quali Michael dovrà farsi cancellare la memoria del tempo passato presso la corporation attraverso l’uso di sostanze chimiche iniettate nel corpo. Michael accetta per una cifra a sei zeri e si ritrova dopo tre anni senza alcun ricordo del lavoro che ha svolto, ma con un assegno di 92.000.000 di dollari. Grande però è il suo stupore quando va a ritirare la somma: lui stesso ha ordinato che al posto della somma stabilita gli venga data una busta contente un insieme di oggetti che lui non riconosce come suoi. Ancora incredulo e indeciso sul da farsi viene catturato dall’FBI che gli vuole estorcere informazioni sul suo lavoro presso Rethrick con la macchina che permette di estrarre i ricordi dal cervello, ma riesce a scappare grazie ad alcuni oggetti contenuti nella busta: un sigaretta, un paio d’occhiali e un biglietto dell’autobus. Rifugiatosi in un hotel osserva attentamente gli oggetti rimasti nella busta e intuisce che siano di vitale importanza per lui, chiama un suo vecchio amico Shorty e, mentre i due stanno parlando in una stazione della metropolitana, Michael scopre che i numeri scritti su di un biglietto all’interno della busta altro non sono che i numeri appena estratti della lotteria. Jennings capisce allora che il suo lavoro presso la Rethrick ha avuto in qualche modo a che fare con il predire il futuro.


Ma i sicari di Rethrick e l’FBI gli stanno addosso e ancora Michael riesce a salvarsi grazie a un oggetto dentro la busta. Nel frattempo Rethrick,che aveva programmato la morte di Michael, capisce che Michael ha guardato nel suo futuro attraverso la macchina che lui stesso ha costruito, e cerca di avviarla, ma la macchina non parte  perché Michael vi ha inserito un virus. La macchina che Michael ha costruito è una lente dotata di un potente laser che sfrutta la curvatura dell’universo e permette di vedere il futuro, ma non permette di viaggiare nel tempo, possibilità esclusa anche da Einstein. Rethrick allora coinvolge Rachel (Uma Thruman), una biologa impiegata da Rethrick che, nei passati tre anni era diventata la ragazza di Michael, per usarla come esca e trovare l’ingegnere. Rachel però capisce di essere usata e trova Michael. L’ingegnere non la ricorda ma si fida di lei. Michael scopre attraverso un altro oggetto della busta, che ha costruito una macchina capace di vedere il futuro. La sua invenzione avrà conseguenze catastrofiche per l’umanità e l’ingegnere decide di distruggerla. Con l’aiuto di Rachel e altri oggetti nella busta rientra nel campus della multinazionale riuscendo a evitare i sicari di Rethrick e gli agenti dell’FBI per arrivare alla macchina del futuro,  distruggerla, far sì che una pallottola che avrebbe dovuto ucciderlo colpisca Rethrick, e scappare senza lasciare tracce. Ritroviamo poi Michael e Rachel felici proprietari di una serra. Shorty li raggiunge, ha la gabbia di uccelli cari a Rachel, all’interno della quale Michael ha  nascosto il biglietto vincente della lotteria. 


Il film è divertente da vedere e tiene alta l’attenzione degli spettatori grazie alla valida sceneggiatura, che non presenta “buchi” di trama, e all’abile direzione del regista. John Woo, regista originario di Hong Kong, è diventato famoso per la capacità di combinare  drammi umani con scene di azione e di violenza. Non ci stupisce dunque che abbia deciso di far diventare la sceneggiatura di Dean Georgaris un valido film d’azione che diverte, intrattiene, dandoci anche qualche spunto di riflessione. Il racconto di Dick, come tutta l’opera dello scrittore, indaga sul significato del nostro essere “coscienti” di chi siamo, essere consapevoli della nostra “condizione umana”. Il racconto “I labirinti della memoria” si domanda cosa saremmo se non avessimo memoria. I ricordi sono responsabili delle nostre azioni presenti e future. Il racconto inoltre ha anche un risvolto politico. Il mondo dove si muove Jennings è diviso in grandi blocchi, le grandi multinazionali e i governi totalitari tengono in mano il potere politico ed economico. L’ingegnere deve superare un insieme di “prove” con l’aiuto degli oggetti misteriosi e rientrare all’interno della multinazionale dove prevede di prenderne la direzione. Scoprirà però che Rethrick ha voluto la costruzione della macchina per poter restaurare la democrazia e non intende cedere il suo potere.  Jennings però aveva visto anche la vera faccia del  capo della multinazionale e programmato la macchina per girare tutta la situazione a suo favore, facendo intuire un lieto fine famigliare: egli infatti sposerà Kelly, la figlia di Rethrick e  terrà le redini della compagnia. Dunque nel racconto di Dick, Rethrick è un “falso cattivo” e, se Jennings all’inizio vuole solo salvarsi, si trasforma in un eroe che salverà il mondo dal totalitarismo, insieme al capo della multinazionale.

        
Il film purtroppo elimina la “sopresa” finale del racconto, ma lo sceneggiatore non poteva fare altrimenti, in quanto ha ambientato la storia in un prossimo futuro dove la situazione politica sembra essere del tutto uguale a quella odierna. Dean Georgaris ha così scelto si far diventare Rethrick e i suoi sicari i “cattivi proprio cattivi” che vogliono controllare le sorti del mondo, mentre alcuni agenti dell’FBI sono solo “cattivi a metà” in quanto unicamente interessati a recuperare la macchina per il governo americano. Una parte degli agenti dell’FBI invece sembra essere più “buona” perché preoccupata delle sorti di Jennings, inizialmente interessato ai soldi, ma capace di diventare l’eroe solitario che non ha paura di sacrificarsi per salvare il mondo. Capiamo perché John Woo abbia amato questa trama che tratta uno dei suoi temi preferiti: lo scontro tra il bene e il male e come “sotto trama” la perdita degli affetti. Jennings si è fatto cancellare la memoria e non può ricordare l’amore della sua vita. Bella la scena del confronto tra Rachel e Michael, rifugiati in un albergo dopo essere scampati all’ennesimo inseguimento di FBI e sicari di Rethrick: lei lo conosce, sa cosa ama indossare, gli ha portato i suoi vestiti preferiti, lui invece non la ricorda e per lui  si tratta del primo incontro, non sa bene cosa fare, mentre lei vorrebbe il calore dell’affetto che lui le aveva dato. Non mancano spunti di riflessione ben inseriti nei dialoghi. Quando Jennings capisce infine di aver inventato una macchina per vedere il futuro riflette a ciò che l’invenzione possa significare per l’umanità. Che cosa diventeremmo se potessimo sapere tutto ciò che ci accadrà? E se qualcuno potesse prevedere il futuro, se avesse questo immenso potere, che ne sarebbe del mondo? Il film risponde con chiarezza: il mondo andrebbe incontro a delle catastrofi ma non sappiamo bene come e perché, ma il risvolto catastrofico è funzionale alla trama: senza le catastrofi non ci sarebbe la necessità per Jennings di distruggere la macchina e dunque il film non potrebbe avere una conclusione valida. Michael, tra un inseguimento e l’altro, riflette e si dice: “Se riveli a qualcuno il suo futuro, non avrà futuro. Se elimini il mistero elimini anche la speranza.” E noi aggiungiamo: la speranza di poterlo cambiare.  Non è forse proprio perché non sappiamo il nostro futuro, che  continuiamo a sperare di poterlo cambiare? E riusciamo a realizzare i nostri sogni futuri proprio perché non sappiamo se saremo capaci di realizzarli nel presente, ma lavoriamo sodo per raggiungere i nostri obiettivi.


Da notare anche le belle “trovate” della scenografia per suggerire allo spettatore il tema del film come ad esempio l’inserimento, tra i soprammobili a casa di di Jennings, di una mano in ceramica dove vi sono segnate tutte le linee per la lettura chiromantica. L’idea della chiromanzia è suggerita nuovamente quando i personaggi consultano la macchina che prevede il futuro: essi devono infatti poggiare il palmo della mano destra su di un palla che sembra leggere le linee della mano. La storia è forse un po’ scontata, ma la trama rimane pur sempre coerente e incalzante, corredata da begli effetti speciali e una regia brillante. Ritroviamo tutti i trucchi cari al regista: l’uso del rallenti, la capacità di suggerire inquietudine attraverso i movimenti della macchina da presa, sullo stile di Hitchcock, l’uso delle arti marziali, gli inseguimenti mozzafiato, e il dispiegamento di un numero incredibile di attori solo, ad esempio, per riprendere un personaggio che fa scivolare il tesserino di riconoscimento per aprire la porta dove sta la famigerata macchina del futuro. Il film intrattiene e diverte, ci fa dimenticare per due ore la nostra quotidianità e ci fa saltare a piedi pari nel mondo dell’immaginario. Parteggiamo subito per Michael Jennings, rimaniamo incuriositi da come riuscirà ad usare tutti gli oggetti della busta e godiamo divertiti degli inseguimenti e delle sparatorie dove i “cattivi” periscono con facilità, mentre i “buoni” attraversano indenni piogge di proiettili. Siamo a Hollywood! Il mondo dove tutto è possibile e dove i sogni diventano realtà… John Woo non l’ha certo scordato.


Recensione di Claudia Marinelli

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