sabato 19 ottobre 2013

Il settimo sigillo (1956)



di Ingmar Bergman




Regia: Ingmar Bergman. Sogetto e Sceneggiatura: Ingmar Bergman (tratto dalla sua pièce Pittura su legno). Fotografia: Gunnar Fischer, Ake Nilsson. Montaggio: Lennart Wallén. Scenografia: P.A. Lundgren.Costumi: Manne Lindholm.Trucco: Nilòs Nittel. Musica: ErikNordgren. Coreografia: Else Fisher. Suono: Lennart Unnerstad. Produzione: Allan Ekelund per Svensk Filmindustri. Distribuzione italiana: Globe Film International. Riprese: 2 luglio - 24 agosto 1956. Location: Östanå, Viby, Skevik, Gustafsberg, Skytteholm (Stoccolma), Hovs Hallar, Studi Råsunda). Prima proiezione: 16 febbraio 1957. Durata: 95’. Paese di Origine: Svezia. Bianco e Nero. 

 
Interpreti: Max Von Sydow (Il cavaliere Antonius Block), Gunnar Björnstrand (Jöns, lo scudiero del cavaliere), Nils Poppe (Jof), Bibi Andersson (Mia, moglie di Jof), Bengt Ekerot (La Morte/ Voce del narratore), Ake Fridell (Plog, il fabbro), Inga Gill (Isa, moglie di Plog), Erik Strandmark (Jonas Skat), Bertil Anderberg (Raval), Gunnel Lindblom (la ragazza muta), Maud Hansson (la strega), Inga landgré (Karin, la moglie di Block), Gunnar Olsson (il pittore della chiesa), Anders Ek (il monaco che inveisce contro i paesani), lars Lind (il giovane monaco), Benkt-Ake Benktsson (il mercante nella taverna), Tor Borong (il contadino nella taverna), Gudrun Brost (l’ostessa), Harry Hasklund (l’oste), Ulf Johanson (il comandante dei soldati), Sten Ardenstam, Gordon Löwenadler (soldati), Karl Widh (flagellante con la croce), Tommy Karlsson (Mikael, figlioletto di Jof e Mia), Siv Aleros, Bengt Gillberg, Lars Granberg, Gunlög Hagberg, Gun Hammargren, Uno Larsson, Lennart Lilja, Monica Lindman, Helge Sjökvist, Georg Skarstedt, Ragnar Sörman, Lennart Tollén, Caya Wickström (flagellanti), Catherine Berg, Mona Malm, Tor Isedal, Josef Norman, Gösta Prüzelius, Fritjof Tall, Nils Whiten, Lena Bergman. 




Det sjunde inseglet - titolo originale de Il settimo sigillo - è un film travagliato che Bergman ha voluto fare a ogni costo ma che la produzione giudicava commercialmente pericoloso. Il regista ebbe l’autorizzazione a girare uno dei suoi capolavori assoluti solo grazie al successo del precedente Sorrisi di una notte d’estate (1955), ma dovette fare tutto in poco più di un mese. 

 
Il settimo sigillo è la storia di un crociato (Max Von Sidow) che torna dalla guerra in una terra tormentata dalla peste, incontra preti, attori girovaghi, esseri abietti, volgari popolani, ubriaconi, donne, ragazze mute, mogli insoddisfatte, pittori, presunte streghe, flagellanti che tentano di scacciare il morbo ricorrendo a Dio. Ma su tutta questa varia umanità incombe la presenza inquietante e surreale della Morte che il cavaliere sfida in una singolare partita a scacchi, per avere una proroga, per non morire prima di aver rivisto la moglie e il suo castello. Cinema fantastico, viaggio picaresco ai confini del niente, immortalato da sequenze girate in uno stupendo bianco e nero tra scogliere a picco sul mare. 


Alcune sequenze indimenticabili: la partita a scacchi tra il cavaliere dalla figura magra e quasi intagliata nel legno e la lugubre presenza della morte; la morte che sega l’albero dove si è rifugiato un uomo, tagliando le radici della vita; la danza finale della morte insieme ai protagonisti dopo aver letto le pagine dell’Apocalisse. Bergman affronta il tema della fede, vuol far capire che la morte prima o poi danza con tutti, inutile sfidarla, vince sempre lei, inutile averne timore. Il cavaliere parla di incapacità di credere, voglia di toccare Dio, di vita che è un vuoto senza fine, di un Dio che non tende la mano all’uomo. La rappresentazione cinematografica del Medio Evo e della morte, dopo questo film, non sarà più la stessa perché ogni autore dovrà misurarsi con un grande punto di riferimento. Il cavaliere è una figura triste, solitaria, affranta da dubbi eterni, che cerca “qualcosa in cui credere”. Lo scudiero è il suo esatto contrario: personaggio ilare, indifferente al cielo e all’inferno. Persino negli occhi della strega condannata al rogo il cavaliere non scorge né Dio né Satana, ma “il nulla che la sommerge”. 


Bergman mostra con grande realismo processioni di flagellanti che tentano di scacciare la peste, presunte streghe messe alla berlina e subito dopo al rogo. Il mix di realismo e fantastico è dosato al punto giusto in una pellicola che vuol rappresentare il senso della vita, perché ogni esistenza è una partita a scacchi con la morte, dall’esito scontato, perché la morte non concede dilazioni quando la tua ora è scoccata. Il terrore dell’uomo di fronte alla morte sta tutto nelle parole del cavaliere: il timore che oltre l’inevitabile scacco matto non ci sia niente, soltanto l’apocalisse, il giudizio universale, una folle danza infernale con la morte. Nel cinema del grande autore svedese non può mancare l’amore visto in una delle sue tante sfaccettature: “l’amore è perfetto nella sua infinita imperfezione”, afferma Bergman.



Il settimo sigillo è girato in un livido bianco e nero, nella zona di Stoccolma, tra stupende scenografie di mare e teatri di posa. Ottima la colonna sonora. Perfette le interpretazioni: tra tutti Max Von Sidow e Bibi Andersson, ma anche Gunnar Björnstrand (lo scudiero), Nils Poppe (Jot, attore girovago) e Bengt Ekerot (La Morte) sono ben calati nelle interpretazioni. Sceneggiatura senza pecche per una storia che affascina e inquieta. Il settimo sigillo - cui accenna il titolo - è l’ultimo che consentirà di aprire il papiro dell’Apocalisse di San Giovanni, il Libro della rivelazione, e di conoscere i segreti divini che contiene. Il numero corrisponde alla soglia oltre la quale si apre il segreto della conoscenza. Roberto Chiesi afferma che Bergman pensò per la prima volta al film ascoltando i Carmina Burana di Carl Orff. Interpretazione autentica dell’autore. “Come tutti quelli che sono stati in chiesa, in qualsiasi epoca, mi sono messo a osservare i dipinti al di sopra dell’altare, il trittico, il crocifisso, le finestre dipinte, gli affreschi. Realtà e immaginazione hanno costruito una solida lega. Il settimo sigillo è in definitiva una delle ultime espressioni di fede, delle idee che avevo ereditato da mio padre e che portavo con me dall’infanzia. Quello che in precedenza era tanto spaventoso e misterioso, l’ultraterreno, non esiste. Tutto è su questa terra. Tutto è dentro di noi, accade dentro di noi e noi fruiamo gli uni negli altri e fuori degli altri: va bene così”. 



Alcune disavventure produttive portarono Bergman a ritardare di un anno la realizzazione del film, girato in condizioni di stretta economia, ma accolto dal successo internazionale. Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes (1957) e Gran Premio dell’Accademia francese del cinema. In Italia ci furono disavventure distributive dovute ad alcune parti giudicate scurrili e blasfeme. Prima di tutto Il settimo sigillo uscì nelle sale soltanto nel 1959, vietato ai minori di anni sedici, senza tagli, ma con alcune canzoni e dialoghi modificati. La canzone dello scudiero era troppo pagana per l’Italia beghina di fine anni Cinquanta, quindi venne modificata radicalmente. Fu eliminata la definizione di “una fesseria” data alla crociata in Terra Santa, censurarono alcune battute scurrili e tutte le esclamazioni del pubblico quando offende gli attori girovaghi. 



Rassegna critica. Paolo Mereghetti (due stelle e mezzo): “Il più noto film di Bergman non è però il migliore: troppo programmatico il simbolismo, e di maniera (ma per i tempi originale) l’ambientazione in un Medioevo specchio del caos contemporaneo, dove si mescolano sacro e profano, tragedia e farsa. I quesiti metafisici sono trattati in modo un po’ schematico, ma dal punto di vista figurativo il film conserva un fascino innegabile, pieno com’è di richiami pittorici (Il trionfo della morte) e scultorei (Hans Beham) su cui il regista ricama liberamente”. Morando Morandini (quattro stelle di critica e di pubblico): “Un’allegoria scandinava dell’uomo in cerca di Dio con la morte come unica certezza. Attraversò il mondo come un incendio”. Pino Farinotti (cinque stelle): “Nel complesso dell’opera del regista questo film, insieme al Posto delle fragole, va considerato qualcosa più del cinema: un’opera d’arte del Novecento”. Condividiamo. Il settimo sigillo è un punto fermo, un caposaldo irrinunciabile della rappresentazione per immagini della Morte, del Medioevo con tutte le sue superstizioni e contraddizioni, della fede perduta e delle incertezze umane. 


Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi


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