venerdì 17 gennaio 2014

Ultracorpo – Boy Snatcher (2011)


di Michele Pastrello



Regia, Sceneggiatura, Produzione: Michele Pastrello. Soggetto: Michele Pastrello, liberamente ispirato a un racconto di Gordiano Lupi (Il frocio). Fotografia: Mirco Sgarzi. Musica: Hosana di Tristeria. Suono: Daniele Serio. Computer Graphic: Alberto Vazzola. Aiuto Regista: Fabio Martignago. Interpreti: Diego Pagotto, Felice C. Ferrara, Elisa Straforini, Dimitri Da Dalt, Guido Laurjni. 


Il film comincia con una citazione da Invasion the Body Snatcher. “Ma i nostri corpi che fine faranno Miles?”. “Non lo so, forse quando il processo è completato, l’originale verrà distrutto, disintegrato”. E poi Sofocle: “Chi ha paura non fa che sentir rumori”. Non troviamo molto horror in questo lavoro di Pastrello, se non in alcune parti oniriche, così come apprezziamo la citazione del cinema fantastico quando la televisione trasmette L’invasione degli ultracorpi di Don Siegel, ma anche del vecchio Dario Argento in un concitato finale tenebroso. Sarei la persona meno indicata per recensire il film, visto che la storia parte da un mio vecchio e sfortunato racconto (Il frocio, 2003), così inviso alla critica - soprattutto omosessuale - da convincermi quasi a ripudiarlo. E invece non era male, almeno sullo schermo, reinterpretato dal bravo Pastrello, che pare abbia subito identica crocifissione mediatica dagli ambienti gay che l’hanno messo al bando, tacciandolo di omofobia. 


Il film è molto psicologico, gioca tutte le sue carte sulla costruzione del carattere di un protagonista maniaco del sesso, dedito ad amori a pagamento e masturbazione. Umberto è attratto sessualmente anche dagli uomini, sarà un omosessuale ad accorgersene, intuendo nei suoi occhi un segnale di via libera.  La scusa per l’approccio del gay è la riparazione di un lavandino nella sua casa di periferia, un incontro imprevisto che scatenerà gli impulsi repressi dell’uomo. Finale macabro, da splatter metropolitano, coraggioso e violento, che fa propendere per una connotazione horror del lavoro di Pastrello. Il frocio è per Umberto un extraterrestre, un ultracorpo, un’entità aliena racchiusa in un singolare baccellone, dalla quale teme persino il contagio, anche se finisce per essere attratto sessualmente. Il finale violento rappresenta il rifiuto dell’uomo normale di accettare la diversità. Meraviglia che questo corto sia stato messo al bando dagli ambienti gay, perché se è vero che la figura dell’omosessuale è fin troppo languida, è anche vero che il personaggio negativo della storia è Umberto. Le intenzioni del regista - come nel racconto messo all’indice - sono l’esatto contrario di quel che certa critica ha voluto leggere. Pastrello realizza un’opera in difesa del mondo gay, contro l’omofobia, un film che è un invito ad accettare la diversità, senza farsi vincere dai pregiudizi. 



Il film è ben girato, ottima la fotografia luminosa della campagna veneta, così come è ben ricostruito il cupo e angoscioso ambiente urbano degradato. Bravi gli attori, in due ruoli non facili, così come sono ben realizzate le scene di rapporto sessuale prostituta - cliente e le sequenze di approccio gay. Perfetto il finale horror, con il gay che sembra Anthony Franciosa quando compare alle spalle di Giuliano Gemma, in un’evidente citazione del maestro Argento. Altri critici hanno intravisto echi di Linch e Friedkin, ma anche Argento di Profondo rosso e non solo Thrauma. La cosa più importante è che non ci sono stereotipi gay che potrebbero essere fastidiosi. Basterebbe la sequenza onirica vissuta da Umberto per promuovere il film, il sogno angosciante nel quale vede il gay come un alieno che lo concupisce, estrae una lunga lingua e penetra il suo corpo.  


 
Ultracorpo è cinema fantastico - minimalista intriso di connotazioni sociali, ma anche un noir metropolitano, cupo e claustrofobico. Recuperatelo su youtube, se non l’avete visto.

Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi 

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