lunedì 26 maggio 2014

Spaghetti a mezzanotte (1981)

di Sergio Martino


Regia: Sergio Martino. Soggetto: Franco Marotta, Laura Toscano. Sceneggiatura: Franco Marotta, Laura Toscano, Sergio Martino. Fotografia. Giulio Albonico. Montaggio: Eugenio Alabiso. Scenografia: Adriana Bellone. Musica: Detto Mariano. Durata. 91’. Genere: Commedia sexy. Produttore: Luigi Borghese per Cinematografica Alex. Distribuzione: Medusa. Interpreti: Lino Banfi, Alida Chelli, Barbara Bouchet, Teo Teocoli, Daniele Vargas, Pippo Santonastaso, Ugo Bologna, Jacques Stany, Giulio Massimini, Giuseppe Marrocco, Tom Felleghi.


Spaghetti  a mezzanotte (1981) è una commedia sexy scritta e sceneggiata da Laura Toscano e Franco Marotta (gli inventori del Commissario Rocca…), fotografata da Giulio Albonico, montata da Eugenio Alabiso e musicata da Detto Mariano. A questo proposito va citata una trashissima sigla di testa e di coda, al tempo elemento irrinunciabile della commedia sexy, che viene scandita dal ritornello Ma se tua moglie avesse un’amante. Il tema portante della pellicola è il tradimento, visto in tutte le salse e tra continui scambi di coppie. Produce Luigi Borghese per Cinematografica Alex e distribuisce Medusa. La pellicola si ricorda come ultimo film di Barbara Bouchet, ma anche Lino Banfi spara le residue cartucce in un genere che si sta lentamente esaurendo. Spaghetti a mezzanotte è una pochade costruita sui doppi sensi e sugli equivoci, girata quasi completamente in interni, perfetta per un comico esperto come Banfi, meno adatta per un giovane Teocoli che dimostra inesperienza cinematografica. Lino Banfi è l’avvocato pugliese Savino Lagrasta che vive ad Asti, sposato con una donna infedele (Barbara Bouchet) e tormentato da un’amante pericolosa (Alida Chelli), che deve affrontare un boss mafioso e tutti i problemi causati dalla presenza di un cadavere (Jacques Stany) da occultare nella villa. 


Barbara Bouchet sottopone Lino Banfi a continue diete dimagranti, lo costringe a fare interminabili sedute di jogging ma al tempo stesso lo tradisce con un giovane architetto interpretato da un impacciato Teo Teocoli. L’avvocato Lagrasta subisce le angherie della compagna ma se la spassa con la moglie di un giudice (Daniele Vargas), interpretata da un’ottima Alida Chelli. A un certo punto Lagrasta viene avvicinato da un mafioso (Ugo Bologna) che gli chiede di difenderlo in un processo per farlo mandare in galera. “Tanto lei è l’avvocato quasi più stupido che conosca, non le sarà difficile”, dice il mafioso. “Come si permette?” replica Banfi. “Ha ragione. Tolga pure il quasi”. “Ah, bene”, conclude Banfi. 


In cambio del favore, il mafioso offre all’avvocato di far eliminare da un sicario l’amante della moglie. Il killer arriva alla villa, scambia l’avvocato per l’amante, tenta di ucciderlo, mentre la vittima designata spara un colpo di pistola e crede di uccidere il sicario. Banfi nasconde la salma nella villa, arredata dall’architetto Teocoli, singolare regalo da parte della moglie. Il party di inaugurazione è l’occasione per festeggiare il compleanno dell’avvocato che cerca di nascondere il cadavere.


La casa è arredata in modo moderno e il maldestro Banfi aziona a casaccio i numerosi congegni elettronici. La parte centrale del film rappresenta il momento culminante della commedia degli equivoci, la pochade sfocia più volte in bagarre e origina situazioni di scambio di coppie. Lino Banfi è eccezionale come imbranato padrone di casa che conversa con gli ospiti, tenta di nascondere l’ingombrante cadavere e cerca di appartarsi con l’amante. Gli equivoci sono il sale della pochade: l’amante molla Banfi e amoreggia in ascensore con Teocoli, il giudice Vargas crede che Banfi sia gay e circuisce la Bouchet, il giornalista di cronaca nera Santonastaso (bravissimo) crede di essere impazzito perché vede apparire e sparire il cadavere… Le situazioni comiche sono abbastanza indovinate e si susseguono con rapidità, intervallate da pochi sprazzi di vera e propria commedia sexy. Ne citiamo alcune. Alida Chelli e Lino Banfi che amoreggiano sul letto mentre arriva il marito, l’amante scappa sul tetto e perde una scarpa. 


Bouchet e Teocoli spiati per caso da Banfi che comprende di essere tradito dalla moglie e li segue sul tetto dell’auto fino alla villa in campagna. Barbara Bouchet che si vede strappare i vestiti per ben tre volte durante la festa e alla fine mostra un seno nudo. Un incontro amoroso in ascensore tra Teocoli e la Chelli. Daniele Vargas che spia le grazie della Bouchet dal buco della serratura del bagno. Non c’è molto altro di erotico perché il film è una pochade più che una commedia sexy. Tanto per dire non c’è nemmeno una doccia e l’unico bagno del film lo fa Lino Banfi (vestito) per occultare il cadavere. A proposito di bagni ne troviamo un altro collettivo nella bagarre che coinvolge gli ospiti della festa dopo una lite tra la Bouchet e la Chelli. Alla fine l’avvocato viene scagionato dall’omicidio perché si scopre che il colpo di pistola è stato sparato da un sicario mafioso. Banfi viene abbandonato dalla moglie che se ne va con l’architetto, ma la fuga dura poco perché si rende conto che l’amante odia le donne che fanno le diete. 


Il finale vede Lino Banfi e Barbara Bouchet riappacificati davanti a una tavola imbandita non solo di spaghetti ma anche di carni e dolciumi, alla faccia delle vecchie diete. “Mi suicido” dice il marito tradito “e l’arma del suicidio la scelgo io!”. “Ma così ti ci vorrà moltissimo!” replica la moglie. “Che me ne importa a me? Tanto ho tempo…”, conclude Banfi. A Morandini il film non è piaciuto perché lo definisce “una miscela grossolana e ripetitiva di pochade erotica, farsa gastronomica, commedia degli equivoci e thriller mafioso, che tende a confondere la comicità con l’agitazione”. Mereghetti rincara la dose: “Una pochade non molto scollacciata in cui la sceneggiatura di Sergio Martino cerca di adattare alla verve regionale di Banfi il gioco degli equivoci alla Labiche”. Concordo con il critico milanese che i risultati raggiunti non sono eccelsi, ma alcune sequenze comiche sono memorabili e riscattano i momenti fiacchi di una pellicola discontinua. 


Tra tutti citerei la gag del sigaro acceso nel sedere, ma anche le numerose scene dove il comico pugliese prende in mano la situazione. Lino Banfi che sposta il cadavere, si finge omosessuale e seppellisce la salma in giardino, valgono la visione della pellicola. La prima parte del film è una comica d’altri tempi con Lino Banfi che corre dalla casa dell’amante al tribunale per consumare il rapporto, evitare il giudice e difendere una cliente. In tribunale cade per terra, inciampa sulla cintura, perde i pantaloni, indossa una scarpa diversa dall’altra, subito dopo distrugge il letto a casa dell’amante e scappa fuori dalla finestra per evitare il marito. Santa Giuditta di Pordenone attaccami al cornicione! Grida Banfi spaventato. 


Fast-motion e comicità lapstick di sprecano, come in un vecchio cartone animato. Spaghetti a mezzanotte è una pochade ricca di ritmo che cita analoghe commedie degli equivoci e vecchie situazioni della commedia all’italiana. Martino è un maestro del genere. Da non dimenticare che il film cita Invito a cena con delitto di Neil Simon, Gazebo di George Marshall e Hollywood Party di Blake Edwards. 

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