giovedì 10 luglio 2014

Morituris (2011)

di Raffaele Picchio



Regia: Raffaele Picchio. Soggetto: Tiziano Martella; Raffaele Picchio. Sceneggiatura: Gianluigi Perrone. Fotografia. Daniele Poli. Montaggio: Daniele Martinis. Produttori: Vincenzo Manzo, Gianluigi Perrone, Raffaele Picchio, Pierpaolo Santagostino. Casa di Produzione: Fingerchop Movie Production. Dvd: Sinister Film (2013). Genere: Horror. Durata: 83’. Interpreti: Valentina D’Andrea, Andrea De Bruyn, Desirèe Giorgetti, Francesco Malcom, Giuseppe Nitti, Simone Ripanti.


Morituris è un film horror indipendente molto coraggioso che sfida gli strali della censura esibendo la violenza con compiaciuto realismo, come da tempo non vedevamo. Raffaele Picchio per la sua opera prima prende come punto di partenza il cinema exploitation anni Settanta - Ottanta, cose come Non violentate Jennifer, ma indirettamente anche L’ultima casa a sinistra e Cannibal Holocaust.


In breve la trama. Tre ragazzi rimorchiamo due ragazze e le invitano a un fantomatico rave party in un bosco. In realtà è tutto un trucco per approfittare di loro, violentarle e torturarle fino alla morte. Ma il bosco è abitato da oscure presenze, gladiatori d’una città perduta che si risvegliano e compiono una singolare giustizia a suon di crocifissioni.



Un film cattivo, spietato, per niente consolatorio, la rappresentazione di un male capace di portare soltanto un male maggiore, introdotto da un filmino in superotto stile Strega di Blair e Cannibal Holocaust che mostra un eccidio familiare nel bosco degli orrori.



Morituris viene girato per due mesi in un bosco dalle parti di Roma, con la macchina a mano, riprendendo tutte le suggestioni della notte, l’atmosfera di una città morta infestata da gladiatori zombi. Il film parte lento, dialoghi impostati, recitazione carente, una sequenza in auto che ricorda la prima mezz’ora di In the Market, lunga e ridondante. Si entra nel vivo quando la storia si trasforma in un torture-porn con allucinanti sequenze di stupro, credibili e ben realizzate. 




L’attore più perverso è Giuseppe Nitti che trova una buona intesa con Desirèe Giorgetti e realizza un’indimenticabile sequenza di violenza carnale, a tratti esplicita, in altri frangenti raccontata grazie agli occhi spiritati della ragazza. Sono queste le sequenze che hanno scandalizzato i censori, oltre a una scena girata in interni che vede un sadico torturatore inserire un topolino nella vulva della vittima. Il film doveva essere distribuito a partire dal 19 novembre 2012, ma la Commissione di Revisione Cinematografica ha negato il nulla osta. 


La motivazione è allucinante, più delle sequenze incriminate, perché dopo quattordici anni si torna a parlare di “offesa al buon costume”, visto che “gli atti di violenza e di perversione sulle donne, sono motivati dal gusto della sopraffazione e dall’ebbrezza della propria forza rafforzata dal consumo di alcol e droga”. La Commissione aggiunge: “I giustizieri si accaniscono sia sui ragazzi, rei di violenza e sadismo, sia sulle ragazze vittime dei loro carnefici. Infine, negli atti di perversa violenza viene impiegato un topolino come un oggetto sessuale”. La Commissione giudica la pellicola “un saggio di perversità e sadismo gratuiti”. 


Il film viene pubblicato in DVD in Francia, Finlandia, Danimarca, Giappone e in Germania (censurato). In Italia esce il 18 febbraio 2014 per la Sinister Film. Siamo contrari da sempre a ogni tipo di censura, perché una pellicola destinata a un pubblico adulto non deve essere giudicata da un punto di vista morale ma tecnico - estetico. 


Morituris presenta carenze di sceneggiatura e una fotografia discutibile, ma grandi effetti speciali di Sergio Stivaletti che riportano all’artigianato anni Settanta - Ottanta, tra calchi di gesso, crani modellati sui volti dei protagonisti, marmellata per ricreare pelli smembrate, trucco mirabile per realizzare i gladiatori. Digitale poco o niente, per fortuna. Al critico non può interessare se i protagonisti sono personaggi negativi, sadici razzisti dediti ad alcol e cocaina, perché tutto fa parte della rappresentazione del male e chi decide di vedere Morituris sa cosa l’attende. Le scene di stupro sono credibili, le soggettive dei gladiatori come presenze demoniache inquietanti, le sequenze che vedono la crocifissione dei cinque ragazzi macabre al punto giusto, le flagellazioni e le decapitazioni realistiche. Difetti evidenti la mancanza di tensione narrativa, la ripetitività delle situazioni, la carenza di storia, una fotografia troppo scura che spreca i mirabili effetti speciali di Stivaletti.



Morituris è un film che rifiuta le mezze misure, mostra la violenza al cento per cento, non lascia niente all’immaginazione, proprio come la vecchia exploitation tanto cara al regista, che cita pure la strage del Circeo. I tre personaggi maschili sono antipatici, ragazzi borderline, rappresentano l’ipocrisia, la rabbia dei coatti, la consapevolezza del male. Picchio giustifica la scelta fotografica, afferma di aver voluto una rappresentazione realistica del bosco di notte, ma se riguarda il girato si deve rendere conto - perché sembra un ragazzo intelligente - che spesso lo spettatore si perde le sequenze migliori. Tre toni di fotografia, per gli interni un caldo rosso acceso, per gli esterni uno spettrale azzurro tendente al nero, quando scoppia il male un rosso fuoco, per le violenze il buio del bosco di notte. I gladiatori zombi sono dei singolari giustizieri senza morale, dispensano il male assoluto che non guarda in faccia a nessuno, che sfocia improvviso e supera il sadismo agghiacciante dei persecutori. Un’incoraggiante opera prima, pur con i limiti che abbiamo cercato di mettere in evidenza. Picchio può fare di meglio, anche perché mostra di non badare ai moralisti. 

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