martedì 24 marzo 2015

Il romanzo di un giovane povero (1974)

di Cesare Canevari


Regia: Cesare Canevari. Soggetto: Cesare Canevari, libera riduzione cinematografica del romanzo omonimo di Octave Feuillet. Sceneggiatura e Dialoghi: Luigi Cozzi, Daniele Del Giudice, Alberto Penna, Cesare Canevari. Montaggio: Raffaele Modugno. Fotografia: Claudio Catozzo. Musiche: Gianfranco Reverberi. Edizioni Musicali: Tickle srl. Interpreti: Raffaele Curi, Maria Pia Giancaro, Sandro Quasimodo, Anna Zinnemann, Maria Pia Arcangeli, Tata Samar, Peter Lucas, Richard Harrison, Erna Schurer, Michela Cancemi, Enrico Marazzi, Franco Potron, Luigi Antonio Guerra, Alessandro Perella.

La versione di Ettore Scola

Il romanzo di un giovane povero (1858) è uno dei romanzi d’appendice più popolari e sfruttati di Octave Feuillet (1821 - 1890), lo scrittore francese che ha dato il nome a un genere: il feuilleton. Almeno quattro le versioni cinematografiche: la prima francese (1936) di Abel Gance, la seconda italiana di Guido Brignone (1942), fedele al romanzo ma molto teatrale con Nazzari e Boratto; la terza ancora italiana, nel 1974, di Canevari, forse la migliore di Ettore Scola (1995), con Sordi e Ferrari, ma poco fedele all’originale. La versione di Canevari - sceneggiata da Cozzi, Del Giudice e Penna - è molto fedele al tono del romanzo d’appendice ottocentesco, sentimentale e romantico, ricco di personaggi monodimensionali, fumettistici, privi di sfaccettature. La storia è nota. Un giovane marchese decaduto diventa amministratore di una nobile e ricca famiglia, s’innamora della bella figlia dei padroni di casa, promessa sposa a un turpe individuo, finisce per sposarla dopo aver affrontato tutte le prove imposte dalla struttura del feuilleton.

I due protagonisti Curi e Giancaro

I limiti della versione canevariana sono l’estrema povertà del contesto e la recitazione non eccelsa degli interpreti, soprattutto i due protagonisti Raffaele Curi e Maria Pia Giancaro. Richard Harrison è un credibile notaio, che nel finale si prende la soddisfazione di scazzottare il perfido promesso sposo e di strappare il contratto di matrimonio. Brava anche Erna Schurer. Cesare Canevari (Milano, 1927 - 2012) non amava il film, era più legato al genere erotico (Io, Emmanuelle, 1969, con Erika Blanc; La principessa nuda, 1975, con Ajita Wilson), al western violento (Matalo!, 1970) e al nazi erotico (L’ultima orgia del Terzo Reich, 1976). Vero che la sua cosa migliore resta il western Matalo!, una perla all’interno di una produzione modesta, ma qualcosa di buono troviamo anche ne Il romanzo di un giovane povero, prima di tutto una colonna sonora intensa e suadente, eseguita al piano, che imperversa per ogni sequenza, curata da Gianfranco Reverberi. Non male anche la fotografia pastello della campagna nordica che vorrebbe riprodurre la periferia di Parigi, anche se siamo soltanto in alta Lombardia. I dialoghi sono impostati e altisonanti, ma forse l’effetto feuilleton è ricercato, per restare fedeli il più possibile al testo originale. Canevari è un virtuoso dello zoom che usa a sproposito, oserei dire non se ne stacca mai, risultando eccessivo anche per il periodo storico. Il film è raccontato da una voce fuori campo che riproduce le pagine di diario del protagonista, molte soggettive, tanti primissimi piani e particolari degli occhi. La macchina da presa vaga da una sequenza all’altra alla ricerca di un’impossibile stabilità. 

Raffaele Curi

Alcune parti comiche smussano l’intensità della love story e si alternano alla lotta drammatica tra buono e cattivo per la conquista della bella, interrompendo le varie peripezie prima del trionfo dell’amore. Lieto fine assicurato e matrimonio sventato con un colpo di scena imprevedibile. Muore soltanto la serva, disperata per essere stata violentata dal perfido promesso sposo. Un romanzone d’appendice lontano dai gusti contemporanei che può trovare estimatori soltanto tra i consumatori di telenovelas brasiliane. La critica omette e distrugge. Per Mereghetti e Morandini esistono solo Scola, Gance e Brignone; Farinotti vede sesso dove c’è soltanto amore sdolcinato e concede due stelle; Giusti afferma che tra Canevari e Scola la differenza è poca (almeno per questo tipo di film). Onestamente se ne può fare a meno. Meglio rivedere Matalo!.




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