sabato 14 marzo 2015

Per conoscere Luigi Scattini


Luigi Scattini (Torino, 17 maggio 1927 - Roma, 12 luglio 2010) si laurea in Giurisprudenza nei primi anni Cinquanta, non esercita alcun tipo di professione legale, ma si impiega come giornalista nelle redazioni dei settimanali Gente e Oggi. Il cinema è la forma d’arte che più l’appassiona, da un punto di vista teorico e pratico, impara il mestiere frequentando la bottega di Pietro Francisci e il set di Attila (1953), come assistente alla regia.


Luigi Scattini si dedica alla produzione di tre documentari, il primo di tipo industriale, gli altri due artistici: Immagini in cantiere (1953), Donatello (1955) e La città di Donizetti (1955). Nel 1962 il suo lavoro di non fiction La via del carbone viene presentato agli Oscar come miglior documentario.


Luigi Scattini si avvicina alla fiction, cominciando dal mondo movie, un genere ibrido tra realtà e finzione. Alessandro Blasetti è il precursore di una moda documentaristica che cerca di mostrare in maniera scientifica e distaccata il rapporto sessuale in tutte le sue implicazioni. Europa di notte (1959) rappresenta un passo in avanti rispetto al documentario anni Cinquanta che evitava con cura ogni aspetto salace e morboso. La pellicola è molto castigata, ma per la nostra Italia moralista e bacchettona è un vero scandalo e di conseguenza un grande incasso al botteghino. Molti registi italiani inseguono il successo di Europa di notte e cominciano a girare documentari che presentano riferimenti sessuali. Il tema è sempre lo stesso: si parte da scene vere, se ne aggiungono altre dichiaratamente false e si costruisce una pellicola con valenza erotica. Il mondo movie è un genere portato al successo da Gualtiero Jacopetti che fa scalpore con Mondo cane (1962), Mondo cane 2 (1963), La donna nel mondo (1963), Africa addio (1966) e Addio zio Tom (1972).


Il primo film da regista di Luigi Scattini, girato insieme a Mino Loy, è proprio il mondo movie erotico Sexy magico (1963) che tratta temi consueti: sesso, riferimenti a usanze regionali, abitudini e vizi erotici degli italiani. Il secondo film - il primo girato in totale autonomia - è L’amore primitivo (1964), un lavoro originale, a metà strada tra film a soggetto e documentario. Scattini è anche soggettista e autore del commento che accompagna le immagini. Jayne Mansfield è una bella antropologa spiata da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia mentre visiona un reportage sui costumi sessuali dei popoli primitivi. Franco Franchi e Ciccio Ingrassia si confrontano con il mondo movie, sono la cornice comica di un documentario sull’amore primitivo e interpretano un lavoro ricco di elementi sexy.


Il secondo film di Scattini è Due marines e un generale, ancora una volta interpretato da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, ma soprattutto dal grande Buster Keaton. Una pellicola comica che è un unicum in una produzione caratterizzata da documentario ed esotico - erotico. Non è la sua miglior pellicola, Scattini non è il regista più adatto per una farsa che cita il periodo d’oro del muto. Scattini, in ogni caso, studia a fondo le caratteristiche di Franchi e Ingrassia per adeguarle al genio di Buster Keaton (1895 - 1996). Il film resta di culto, anche se Roberto Provenzano lo definisce “squalificante” per il grande comico statunitense.


Luigi Scattini torna a girare pellicole a lui più congeniali con Duello nel mondo (1966) - firmato Arthur Scott - e La sfinge d’oro (1967), che la critica considera i suoi film migliori.


Duello nel mondo è un lavoro drammatico a tinte gialle con un finale a sorpresa degno del miglior thriller spionistico. Scattini racconta la storia di un investigatore che indaga sulle misteriose morti dei nuovi assicurati di una grande compagnia. Il protagonista si mette sulle tracce dei cadaveri, si difende da una misteriosa organizzazione che vorrebbe eliminarlo e insieme alla figlia di una delle vittime scopre un’incredibile verità. Protagonisti: Bernard Blier, Dominique Boschero, Richard Harrison, Sherill Morgan e Giacomo Rossi Stuart. La sfinge d’oro narra le avventure di un archeologo americano che per amore della scienza cerca la tomba del faraone Aposis ma è insidiato da colleghi privi di scrupoli. Un film turistico - avventuroso, girato tra Luxor e il Canale di Suez, che racconta la difficoltosa salvezza dell’archeologo da un complotto ordito ai suoi danni. La nipote e il fidanzato aiutano l’americano a uscire da una trama ordita dalla subdola amante, interessata ai tesori egizi. Il film vede protagonisti Anita Ekberg, Giacomo Rossi Stuart, Gianna Serra e Robert Taylor. Si ricorda per i tentativi di seduzione di Anita Ekberg - segretaria interessata al tesoro - nei confronti di Robert Taylor. Scritto da Bitto Albertini, un esperto del genere esotico - erotico, Adriano Bolzoni e Fabio Piccioni.


Svezia: inferno e paradiso (1967 - 68), vede Scattini impegnato come regista, soggettista, sceneggiatore e montatore. Il commento - opera di Scattini - è letto da Enrico Maria Salerno. Un film inchiesta sulle contraddizioni della società svedese, il lavoro maggiormente responsabile di aver mitizzato la libertà di costumi scandinava rispetto alla nostra arretratezza culturale. Ottima colonna sonora di Piero Umiliani (indimenticabile il motivetto Mah Na’ Mah Na’) e notevole fotografia di Claudio Racca. Un mondo movie che presenta lezioni di sesso a scuola, sexy shop e unioni tra consanguinei, ma al tempo stesso stigmatizza alcolismo, malessere esistenziale, violenza e alto tasso di suicidi giovanili. Ricordiamo un dibattito televisivo sul sesso e la sequenza dove si mostra una poliziotta impegnata ad arrotondare il magro stipendio impiegandosi come modella sexy. Pretese scientifiche modeste, quel che interessa è far uscire al cinema un po’ di nudi, perché - come voleva la vulgata - “le svedesi sono le donne più libere del mondo”. La Svezia era il sogno di tutti i maschi latini, sembrava una lontana mecca di libertà alla quale far riferimento per poter vedere in santa pace una donna nuda e magari conoscere una femmina disinibita. Il film incassa oltre un miliardo, un successo inaspettato che dimostra un diffuso bisogno di libertà sessuale.


Angeli bianchi… angeli neri (1969) è ancora un mondo movie diretto e montato da Scattini che affronta il tema della stregoneria contemporanea, magie vere o presunte di maghi, ipnotizzatori e ciarlatani. Ricordiamo la pregevole fotografia di Racca e le grandi musiche di Umiliani, ma anche una presenza di culto come Anton La Vey (Gran Sacerdote della Casa di Satana) che per la prima volta mostra la sua dimora. Enrico Maria Salerno è la voce narrante di un commento scritto da Alberto Bevilacqua, che ci fa conoscere cimiteri profanati, messe nere e magia bianca brasiliana. Molti sabba fasulli, parecchio nudo, moralismo e citazioni jacopettiane per un tentativo - solo in parte riuscito - di bissare il successo svedese.


Luigi Scattini è un abile montatore, per questo nel 1970 viene chiamato a collaborare in tali vesti con Bitto Albertini per I vendicatori dell’Ave Maria. Torna a lavorare in coppia con Mino Loy nel 1970 - 71 per produrre Questo sporco mondo meraviglioso, di cui è soggettista, sceneggiatore e montatore, una pellicola che riprende la formula lanciata da Jacopetti in Mondo cane. I vizi segreti della donna nel mondo (1971) vede Scattini sfoggiare lo pseudonimo di Silvano Secelli, ancora una volta regista, soggettista, sceneggiatore e montatore. Il modello è di nuovo Gualtiero Jacopetti, un mondo movie di pura imitazione che cita il ben noto La donna nel mondo.


Luigi Scattini passa alla fiction esotico - erotica con La ragazza dalla pelle di luna (1972), interpretato da un’affascinante Zeudi Araya, Miss Eritrea, ma anche dalla bionda Beba Loncar e da Ugo Pagliai e Giacomo Rossi Stuart (un attore amato da Scattini). Luigi Scattini non si limita alla regia, ma scrive il soggetto e lo sceneggia, oltre a occuparsi del montaggio. Loncar e Pagliai sono una coppia in crisi che cerca di ritrovare la passione dei primi tempi durante una vacanza alle Seychelles, ma il rimedio è peggiore del male perché il marito s’innamora di un’intrigante indigena (Araya) e la moglie lo tradisce con uno scrittore (Stuart). In ogni caso i reciproci tradimenti finiscono per ricomporre la coppia. Il titolo del film è noto come soprannome della bella Zeudi Araya, lanciata proprio grazie a questo lavoro, la cui struttura è stata imitata più volte dai registi del cinema bis italiano. Tra tutti questi prodotti che rasentano il plagio citiamo La ragazza dalla pelle di corallo (1975) di Osvaldo Civiriani, interpretato da Norma Jordan e Gabriele Tinti a Santo Domingo.


La ragazza fuoristrada (1973) è un erotico puro, scritto, diretto e montato da Scattini. Sceneggiatura di Leo Chiosso e Gustavo Palazzo. Zeudi Araya è l’interprete principale, al secondo film (non il primo come affermano Mereghetti nel Dizionario e Giusti su Stracult) ma troviamo anche Luc Merenda, Lucretia Love (Anna Morganti), Martine Brochard, Giacomo Rossi Stuart, Caterina Boratto, Tony Kendall (Luciano Stella) e Franco Ressel. Luc Merenda è un pubblicitario che ritorna a Ferrara con la bella Araya conosciuta in Nubia, la sposa, ma poi crede agli amici invidiosi che gli raccontano un’improbabile storia di corna. Un film sulla provincia che dipinge a tinte forti ipocrisia e razzismo, ma anche tutta la grettezza di chi vive ai margini del mondo. Non ci sono grandi nudi, si ricordano le musiche di Piero Umiliani, le canzoni Oltre l’acqua del fiume e Maryam, cantate da Zeudi Araya e Ritornerai di Bruno Lauzi, interpretata da Ornella Vanoni. Atmosfere decadenti di una provincia padana.


Il corpo (1974) è il terzo film che Scattini sceneggia e dirige con protagonista l’affascinante Zeudi Araya al culmine del suo splendore. Non fa tutto da solo, ma è importante la collaborazione di Felisatti e Pittorru. Piero Umiliani e le sue immancabili musiche conferiscono un tono suadente a un esotico - erotico girato alle Antille, interpretato da Enrico Maria Salerno, Leonardo Manzella e Carrol Baker. Mereghetti non a torto definisce il film “una variazione tropicale de Il postino suona sempre due volte”, un triangolo erotico tra Salerno, la sua donna (Araya) e l’altro (Manzella), con l’inserimento della moglie di quest’ultimo (Baker).


In questo periodo Scattini si occupa di produzione, realizzando due film d’autore come Fatti di gente per bene di Mauro Bolognini (1974) e Divina creatura (1975) di Giuseppe Patroni Griffi. Luigi Scattini conclude una breve ma intensa carriera con La notte dell’alta marea (1977) e Blue Nude (1977), scritti e sceneggiati in prima persona.


La notte dell’alta marea è cinema letterario tratto da Il corpo di Alfredo Todisco, come sempre musicato dal grande Umiliani e fotografato da Frattari. Aiuto regista l’attore feticcio di Scattini, Giacomo Rossi Stuart (anche interprete), per un film prodotto da Carlo Ponti con capitali canadesi, interpretato da Anthony Steel, Annie Belle, Pam Grier, il fumettista Hugo Pratt, Gerardo Amato e Alain Montpetit. Marco Giusti lo definisce un porno esotico, ma si tratta del solito esotico erotico ambientato nella Martinica che racconta la storia di un cinquantenne innamorato di una ragazzina e il solito triangolo che prevede un terzo incomodo. Molto nudo e un film piuttosto spinto con Annie Belle protagonista assoluta della parte sexy.


Blue Nude vede all’opera Gerado Amato, Susan Elliott (Suzanne McBain), l’immancabile Giacomo Rossi Stuart (con lo pseudonimo di Jack Stewart) e la figlia del regista - per la prima e unica volta diretta dal padre - Monica Scattini. Amato è un aspirante attore che a New York interpreta film porno e viene scritturato da locali equivoci dove si esibisce in strip maschili. Alla fine si mette in testa di girare un personale remake di Taxi Driver di Martin Scorsese. Mondo movie erotico, cinema nel cinema, porno che si trasforma in snuff anticipando i tempi, moralismo e luoghi comuni. Ricordiamo alcune comparsate di attori porno: Robert Kerman, Wade Nichols, Mona Sands, Jill Turner. Scattini scrive il film con la collaborazione di Vittorio Schiraldi. Piero Umiliani, ancora una volta, musicista di fiducia.


Luigi Scattini lascia il mondo del cinema subito dopo aver collaborato alla sceneggiatura di Goya (Goya ven Burdeos), un film di Carlo Saura. Regista di buon mestiere, lo ricordiamo anche come padre dell’attrice Monica Scattini e come direttore di un gruppo di doppiaggio. Negli anni Ottanta abbandona la regia per dedicarsi alle edizioni italiane dei film stranieri come dialoghista e direttore del doppiaggio. Muore a Roma il 12 luglio del 2010, all’età di 83 anni. La figlia Monica muore cinque anni dopo, il 4 febbraio del 2015, a soli 59 anni.

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